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Zone "sicure" nel sud di Gaza? La denuncia dell'Unicef

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Zone “sicure” nel sud di Gaza: l'Unicef sottolinea che le aree dichiarate sicure da Israele non garantiscono alcuna tutela.

L’Unicef denuncia che le cosiddette “zone sicure” nel sud di Gaza non proteggono i civili. Secondo l’organizzazione, scuole trasformate in rifugi vengono distrutte dai bombardamenti e le tende non offrono alcuna protezione.

La crisi umanitaria e l’emergenza sanitaria a Gaza

La situazione a Gaza City è drammatica: bambini camminano tra le macerie, molti sono feriti o amputati, e le madri lottano per proteggere i loro neonati, spesso con gravi problemi di salute.

Gli ospedali sono al collasso: l’unità di terapia intensiva per neonati e bambini è sovraffollata, e i reparti condividono attrezzature salvavita come l’ossigeno tra più pazienti.

Le madri subiscono aborti spontanei durante gli spostamenti forzati, mentre le strutture ospedaliere affrontano costantemente carenze di personale e forniture mediche. James Elder, portavoce dell’Unicef al Palazzo delle Nazioni a Ginevra, ha sottolineato che l’organizzazione e i suoi partner continuano a fornire alimenti terapeutici per i bambini malnutriti, riparare le linee idriche, consegnare assistenza economica, supportare la salute mentale e fornire strumenti salvavita, ma la responsabilità principale ricade sui responsabili del conflitto e le vittime restano i bambini palestinesi, oggi e in futuro, se non verranno intraprese azioni concrete.

Unicef denuncia: non esistono zone sicure a Gaza

Secondo James Elder, l’idea di creare una “zona sicura” nel sud di Gaza non è altro che un’illusione. Durante la conferenza stampa a Ginevra, Elder ha spiegato che non esistono luoghi protetti per i palestinesi costretti a lasciare Gaza City.

“Le bombe vengono sganciate dal cielo con agghiacciante prevedibilità; le scuole, che erano state designate come rifugi temporanei, vengono regolarmente ridotte in macerie, le tende vengono regolarmente avvolte dalle fiamme degli attacchi aerei”.

Le aree umanitarie designate da Israele sono in realtà “luoghi di morte”: i civili, tra cui decine di migliaia di bambini, vivono costantemente sotto la minaccia dei bombardamenti, mentre la popolazione che si sposta verso sud trova un ambiente sovraffollato, privo dei più elementari servizi igienico-sanitari e con gravi carenze di acqua potabile e igiene.