La vicenda della famiglia anglo-australiana che ha scelto di vivere in totale immersione nel bosco, nelle campagne di Palmoli, è diventata un caso nazionale dopo l’allontanamento dei tre bimbi disposto dal Tribunale per i minorenni. La contrapposizione tra libertà di scelta familiare e tutela dei minori ha acceso un dibattito che coinvolge opinione pubblica, istituzioni e media, mettendo in luce i limiti e le sfide dei modelli di vita alternativi.
Dopo quanto accaduto, il papà in queste ore ha rilasciato diverse interviste.
Una famiglia nel bosco e un caso diventato nazionale
La vicenda della famiglia anglo-australiana che ha scelto di vivere in un casale immerso nei boschi di Palmoli è ormai al centro dell’attenzione pubblica e istituzionale. I tre figli sono stati trasferiti in una comunità educativa a Vasto, dove la madre può incontrarli solo in fasce orarie stabilite.
Il padre, Nathan, ha raccontato ai media la propria versione dei fatti e la filosofia di vita che lui e la moglie hanno abbracciato: “Non sono matto, parlo cinque lingue e ho vissuto in sei Paesi… ho deciso insieme a mia moglie di vivere dentro la natura“.
La scelta di un’esistenza essenziale, lontana dalle infrastrutture moderne – dall’acquedotto, definito fonte di microplastiche, fino alle comodità domestiche come il bagno in casa – riflette, secondo lui, un ideale di “vita senza contaminazioni, concrete e spirituali”.
La famiglia aveva già sperimentato uno stile di vita autosufficiente in altre zone dell’Abruzzo, fino al trasferimento nella casa nel bosco dove, racconta l’uomo, avevano trovato una comunità di nuclei “neorurali” con cui condividere valori e amicizie.
“Ci hanno sostenuto e ci sostengono, come tutto il paese e potrei dire l’Italia intera, una nazione dove vivo benissimo. L’educazione parentale è un nostro diritto, andiamo avanti con le nostre idee. I soldi per mantenerli? Mia moglie lavora, in smart working“, ha dichiarato a Repubblica.
Bimbi nel bosco tolti ai genitori, il papà: “Cosa faremo se non gli permetteranno di tornare a casa”
L’allontanamento dei minori, disposto dal Tribunale per i minorenni de L’Aquila, ha provocato la reazione di Nathan, che ha definito il provvedimento «un’ingiustizia» e ha espresso profondo smarrimento:
“Mi sento totalmente vuoto… si sta distruggendo la vita di cinque persone“. L’uomo ha descritto anche lo shock dei bambini: “I bambini hanno sofferto, tolti così velocemente da casa per andare a dormire in un posto che non conoscono“.
Il giudice, però, ha motivato la decisione con la necessità di tutelare la sicurezza, la socialità e il corretto sviluppo dei figli, sottolineando il rischio di isolamento, le condizioni non adeguate dell’abitazione e la mancanza di collaborazione dei genitori nei controlli sanitari.
Nonostante ciò, Nathan ribadisce la volontà di riunire la famiglia e promette interventi sull’abitazione, convinto dei propri diritti e del modello educativo scelto.
“A breve sistemeremo la questione del bagno, riportandolo in casa. Sposteremo la cucina, realizzeremo due camere da letto. Quattro, cinque giorni e tutto tornerà felice come prima. Ma la questione delle utenze e dei figli a scuola, è fuori discussione: abbiamo il diritto di vivere come vogliamo, come i nostri nonni. Conosco i miei diritti”, ha aggiunto nell’intervista.
Infine accenna anche a possibili reazioni nel caso in cui i giudici non autorizzassero il ricongiungimento familiare, sostenendo che Catherine sarebbe pronta a prendere i tre figli con i loro passaporti e a portarli in Australia, mentre lui resterebbe nel bosco italiano con gli animali. Riguardo al futuro dei bambini, afferma di voler lasciare loro piena libertà, spiegando che, una volta maggiorenni, sarebbero liberi persino di scegliere di vivere “nello smog di New York”.