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Uccise moglie e figli per evitare il divorzio: si laurea in carcere

carlo lissi

Carlo Lissi, condannato all'ergastolo per l'omicidio di moglie e figli, sta per laurearsi in filosofia.

Nel 2014 Carlo Lissi, allora 31enne, aveva ucciso sua moglie e due figli piccoli, Giulia, 5 anni e il piccolo Gabriele 20 mesi, a Motta Pavia, paesello dell’hinterland di Milano, per evitare il divorzio. Per il triplo omicidio è stato condannato all’ergastolo. Oggi Lissi, 36 anni, sta per avverare il suo sogno: laurearsi in filosofia.

L’omicidio di moglie e figli

Dopo essersi laureato in economia e aver trovato lavoro in una società di software, Carlo Lissi, allora 24enne, aveva deciso di sposarsi con la fidanzata Maria Cristina Omes, assicuratrice, sette anni più vecchia di lui. Una settimana prima delle nozze lui aveva cambiato idea, tuttavia aveva deciso lo stesso di celebrare il matrimonio per evitare di fare i conti con la rabbia della fidanzata e la delusione di amici e parenti. Sei anni dopo, dopo essersi preso due cotte per due colleghe perdonate dalla moglie, Carlo si era invaghito nuovamente di una collega della “Wolters Kluver” di Assago. La donna era contraria al fatto che lui fosse sposato, così elaborò un piano per mettere fine ai problemi. La sera di sabato 14 giugno 2014, dopo aver cenato con la moglie e aver fatto l’amore con lei, aggredì la moglie in mutande con un coltello. Infatti riteneva che vestirsi così gli avrebbe consentito di lavarsi via il sangue più facilmente. “Perché?!” lei gli urlò prima di morire. Poi passò ai bambini. Dopo aver finito si lavò e uscì allegro per andare a casa degli amici a vedere la partita dei Mondiali, vinta dall’Italia.

La confessione dell’uomo

Aveva lasciato la casa in disordine per far pensare che si trattasse di una rapina, tuttavia quasi subito risultò uno dei sospettati. C’erano vari indizi contro di lui: le piccole ferite sulle mani, una macchia di sangue sulle mutande e la sua calma. Anche dopo 16 ore d’interrogatorio, sembrava proprio non arrendersi, finché non gli lessero i verbali di interrogatorio della sua collega, che non sembrava minimamente intenzionata a rifarsi una vita con lui. A quel punto l’uomo perse la speranza e confessò: “ci pensavo da una settimana, datemi il massimo della pena”. E poi aveva spiegato: “Il divorzio non avrebbe risolto, perché i figli sarebbero comunque rimasti”. È stato condannato all’ergastolo, come aveva chiesto.