Difficile dare torto al ministro dei Trasporti Matteo Salvini quando si arrabbia perché i proprietari di auto diesel Euro 5 non potranno più circolare liberamente in Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna.
Il divieto scatterà dal primo ottobre (e proseguirà almeno fino a aprile 2026, ma in Emilia-Romagna sarà permanente) nei comuni con popolazione superiore ai 30 mila abitanti.
Le suddette Regioni hanno recepito una direttiva europea che impone di ridurre l’inquinamento atmosferico nella Pianura Padana e nelle aree metropolitane più trafficate. Solo se la Camera apporterà delle modifiche al decreto Infrastrutture (c’è tempo fino al 19 luglio), il blocco sarà evitato.
Secondo i dati comunicati dall’Aci al Corriere Motori, «in Piemonte i veicoli Euro 5 sono 236 mila, in Veneto più di 340 mila, in Lombardia sono 484 mila e in Emilia-Romagna circa 270 mila». Quindi dal primo ottobre nelle quattro grandi regioni del Nord più di un milione di veicoli rischiano di fermarsi.
Per compensare i disagi, le Regioni permetteranno ai cittadini di installare sulle autovetture “Move-In” (Monitoraggio veicoli inquinanti), un dispositivo elettronico che permette di tracciare gli spostamenti e calcolare un certo numero di chilometri all’anno (circa 10.000) in deroga ai divieti. Il costo del dispositivo è di 30 euro.
Un modo per l’Italia di evitare il blocco potrebbe essere quello di presentare studi che dimostrino il calo dell’inquinamento in questi ultimi anni nella zona padana (in Lombardia le emissioni pro capite sono circa 1/3 della media europea e 1/2 di quella italiana). O proporre di “compensare” l’inquinamento prodotto dalle automobili andando a limitare le emissioni di industria, agricoltura e mezzi pubblici.
Ma non sarà facile convincere l’Europa a fare marcia indietro. Almeno finché si dovranno fare i conti con l’attuale vicepresidente della Commissione con delega al Green Deal Teresa Ribera, socialista ambientalista che interpreta lo stop ai motori diesel e benzina entro il 2035 come un dogma di fede.
Ne abbiamo scritto diverse volte negli ultimi tempi e abbiamo visto che questa misura andrà a coinvolgere centinaia di migliaia di automobilisti, anzi, c’è chi stima che complessivamente si fermeranno più di un milione di vetture. (HDmotori.it)
Un decreto molto discusso. Il governo valuta un emendamento per bloccare la misura (TGLA7)
– Sospendere ed evitare il blocco della circolazione, previsto dal prossimo ottobre, dei veicoli diesel Euro 5. Milano, 10 giu. (gazzettamatin.com)
A Coffee Break’ su La7 Stefano Bonaccini, candidato alla Segreteria del Partito Democratico ha invece usato toni più morbidi: “C’è tempo per accompagnare la trasformazione”. La preoccupazione di Bonaccini, che è governatore di una regione – l’Emilia Romagna – da sempre a forte vocazione automobilistica è la filiera composta da 16mila imprese e 80 mila occupati. Per questo, ha detto, servono ingenti risorse europee affinché nella trasformazione non si perda nemmeno un posto di lavoro.
Gianmarco Giorda direttore dell’Anfia, l’Associazione nazionale filiera industria automobilistica, a Radio Rai 1 ha sottolineato che “a livello di mercato siamo molto indietro, circa l’8-9% sul totale è elettrico rispetto ai nostri competitor”, per questo ha detto “occorre lavorare su un sistema di incentivi più efficace e rispondente alla transizione che stiamo vivendo”.
“Sul lato aziendale ci sono realtà che sono già avanti nell’elettrico e altre che invece vanno aiutate per affrontare la transizione”, ha aggiunto Giorda ricordando che “il 2035 è dietro l’angolo perché il bando alle termiche significa che molti anni prima già non si investirà più su tecnologie tradizionali”. Uno dei temi più dibattuti è però la differenza di prezzo tra auto tradizionali ed elettriche: “Il delta di prezzo è un tema perché l’auto elettrica costa circa 25-30% in più rispetto alla tradizionale e gli incentivi non hanno appeal affinché la classe media si approcci a questi veicoli. Difficile anche fare un confronto con i paesi del Nord e l’Italia vista la differenza di reddito pro-capite”, ha ammesso Giorda puntando il dito anche sulla lenta diffusione delle infrastrutture come limite agli acquisti.
Mentre sulla questione batterie e il life assment cycle, “la stragrande maggioranza degli studi dimostra che c’è un ampio miglioramento della CO2 e a livello locale. Per quanto riguarda lo smaltimento delle batterie parliamo di seconda vita, vengono riutilizzate”, ha concluso Naso.
Intanto Federcarrozzieri lancia un altro allarme: “Lo stop alle Auto diesel e benzina previsto per il 2035 porterà ad un aumento esponenziale dei costi di riparazione delle autovetture e a maggiori esborsi sia in capo alle carrozzerie, sia per gli automobilisti”. L’associazione che rappresenta le autocarrozzerie italiane ha ricordato il trend positivo per le auto elettriche in tutta Europa mentre l’Italia “rappresenta il fanalino di coda con il 2,6% delle immatricolazioni. Questo anche a causa degli elevati costi di acquisto e di gestione di tali autovetture che, in caso di guasti o danni che non interessano unicamente la carrozzeria, presentano spese di riparazione sensibilmente più elevate (tra il +18% e il +30%) rispetto alle Auto a benzina o diesel”.