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Festa in piscina per musulmane, il sindaco: "In struttura privata ognuno organizza quello che vuole”

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“Ma in una struttura privata ognuno organizza quello che vuole”. Questa la replica di Antonio Romeo alle polemiche sulla festa a Limbiate.

“In una struttura privata ognuno organizza quello che vuole”. La pensa così Antonio Romeo, sindaco di Limbiate, il comune della provincia di Monza e Brianza dove è scoppiato il caso nazionale del party a bordo piscina per sole donne musulmane, dove però gli organizzatori della festa avevano chiesto severe restrizioni per tutelare le donne, fino alla richiesta di spegnere le telecamere di sicurezza.

Intanto la festa è stata sepolta dalle polemiche, quindi annullata. Mentre i gestori dell’impianto affittato a un privato si difendono: “Non sapevamo delle restrizioni”.

Limbiate, festa in piscina donne mussulmane: la decisione del sindaco

L’evento privato, una festa a bordo piscina, era stato promozionato sui social, con tanto di locandina e divieti. Divieto di fare foto e video, vietate anche le telecamere di videosorveglianza, che dovevano restare spente, in barba alle norme di sicurezza.

Il clamore si è accesso quando si è scoperto che la festa in piscina, annunciata per l’8 luglio presso un parco acquatico a Limbiate, era riservata a sole donne musulmane. Da qui le polemiche, soprattutto per via delle molte restrizioni richieste dagli organizzatori.

Ora il sindaco Romeo prova a spegnere il fuoco, accendendo di fatto un nuovo focolaio. “Ma in una struttura privata ognuno organizza quello che vuole”, fa sapere il primo cittadino a capo dell’amministrazione comunale di centrodestra.

Un fuoco di fila di repliche e controrepliche, che ha scomodato l’eurodeputata Isabella Tovaglieri, collega dello stesso partito di Romeo. Una “festa – sostiene – all’insegna della segregazione, nella quale mancheranno anche alcune misure di sicurezza, con le telecamere di sorveglianza che verranno spente per permettere alle ospiti di trascorrere una giornata di sole libere dagli sguardi indiscreti”.

La Tovaglieri ha rincarato: “Non possiamo più accettare l’alibi della discriminazione e dell’integrazione difficile, quando sono gli stessi immigrati musulmani a volersi isolare dalla società in cui hanno scelto di vivere, perpetuando usi e costumi incompatibili con i nostri, che stridono con le conquiste e con i diritti faticosamente raggiunti dalle donne in Occidente”.

I gestori si dissociano

Dopo le polemiche innescate dalla locandina promozionale e dalle restrizioni richieste, i gestori dell’impianto fanno sapere di non essere stati al corrente di tutto questo. “Non sapevamo di certe restrizioni. Ci teniamo a precisare che tramite la loro pubblicità sono stati travisati alcuni degli accordi verbali presi. Non immaginavamo assolutamente tutte queste restrizioni che non sono in accordo con i nostri ideali, siamo persone che in primis tengono alla tutela e all’emancipazione delle donne. Avessimo saputo prima alcuni dettagli avremmo rifiutato subito la proposta in questione”.

Insomma, no telecamere, no party. La festa così è finita.