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Guerra Israele-Iran: quali conseguenze per bollette e carburanti in Italia?

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Guerra Israele-Iran: il conflitto si aggrava con attacchi incrociati, con il rischio di nuovi aumenti per petrolio e gas. Cosa preoccupa l’Italia e cosa potrebbe succedere.

Negli ultimi giorni, il conflitto tra Israele e Iran si è intensificato, con attacchi e raid reciproci che hanno fatto crescere la tensione in Medio Oriente. Questa escalation della guerra non riguarda solo la sicurezza geopolitica, ma rischia di avere ripercussioni dirette anche sull’economia globale, in particolare sui prezzi del petrolio e del gas.

Per l’Italia le conseguenze potrebbero tradursi in un aumento delle spese per benzina e bollette, con un impatto significativo sulle famiglie e sulle imprese. Ecco cosa sapere.

Guerra Israele-Iran, quanto inciderà su benzina e bollette in Italia?

Israele ha colpito diverse infrastrutture energetiche dell’Iran, uno dei principali produttori ed esportatori mondiali di idrocarburi, con potenziali ripercussioni significative sul mercato globale. L’economista Davide Tabarelli, intervistato da Fanpage.it, ha spiegato le possibili conseguenze del conflitto tra Israele e Iran, che coinvolgono non solo il mercato del petrolio e il prezzo della benzina, ma anche il gas, il cui costo in Italia incide direttamente sulle bollette elettriche.

Il conflitto tra Israele e Iran rischia di influenzare i prezzi dell’energia anche in Italia a causa della particolare importanza strategica della regione mediorientale, dove si trovano gran parte dei giacimenti mondiali di petrolio e gas. Secondo l’economista Davide Tabarelli, questa zona è storicamente centrale per l’energia perché vi si estrae petrolio e gas a costi molto bassi, fattore che ha da sempre alimentato tensioni politiche e conflitti. La ricchezza derivante dalle risorse energetiche si traduce infatti anche in potere economico e militare, come dimostrano eventi storici come la rivoluzione iraniana del 1979, che provocò uno shock petrolifero mondiale.

Tabarelli ricorda che anche gli shock del 1973 e del 1979 erano legati a crisi in Medio Oriente, rispettivamente alla guerra dello Yom Kippur in Israele e alla rivoluzione in Iran. Sebbene oggi si possa temere una situazione simile, il rischio è comunque molto ridotto rispetto al passato. Le reazioni del mercato, infatti, sono state contenute, con un aumento moderato dei prezzi del petrolio.

Una differenza fondamentale rispetto a quel periodo è che il mercato globale si è abituato a queste tensioni. Le infrastrutture di esportazione del petrolio difficilmente vengono coinvolte direttamente nei combattimenti, nonostante le tensioni e i conflitti nella regione, come la guerra tra Iran e Iraq negli anni Ottanta, durante la quale furono affondate numerose navi ma non si arrivò mai a un blocco totale dello stretto di Hormuz.

Quest’ultimo è uno snodo cruciale perché attraverso di esso transita oltre il 20% del commercio mondiale di petrolio e, oggi, anche circa un decimo della domanda globale di gas, elemento di particolare rilevanza per l’Europa e l’Italia. Il blocco di questo passaggio comporterebbe un disastro economico, ed è proprio il timore di un’interruzione che sta spingendo i prezzi al rialzo in questo momento.

Tabarelli spiega inoltre che mentre il mercato del petrolio è globalizzato e il prezzo unico vale per tutte le regioni, quello del gas è più regionale. L’Europa è particolarmente vulnerabile a causa della crisi con la Russia, che ha comportato tensioni sui prezzi e conseguenti aumenti nelle bollette dell’elettricità, dato che il costo del gas influisce direttamente su quello dell’energia elettrica.

Rispetto alla crisi energetica del 2022-2023 legata all’invasione russa dell’Ucraina, la situazione attuale è però molto più tranquilla. Nei giorni recenti, i prezzi del petrolio e del gas sono aumentati ma in misura limitata, e le forniture rimangono stabili grazie anche a fonti alternative come il Qatar. Tuttavia, i rischi permangono, soprattutto in vista del prossimo inverno, che potrebbe presentare complicazioni simili agli ultimi tre anni. La fine delle importazioni di gas naturale liquefatto dalla Russia entro il 2026 rischia di ridurre ulteriormente l’offerta, alimentando tensioni sui prezzi.

Italia tra diversificazione energetica e sfide geopolitiche: la strada verso un futuro più sostenibile

Secondo quanto dichiarato a Fanpage dall’economista Davide Tabarelli, per limitare gli impatti negativi della guerra e di eventuali nuove crisi energetiche, l’Italia deve proseguire e soprattutto accelerare il percorso di diversificazione delle proprie fonti di approvvigionamento. Le energie rinnovabili rappresentano una risorsa fondamentale, anche se attualmente coprono solo una parte limitata del fabbisogno nazionale. Nonostante la crescita significativa degli ultimi anni, la produzione da fonti pulite è ancora lontana dal compensare il volume di gas importato in passato dalla Russia.

È fondamentale tenere sotto controllo gli altri fornitori. Nonostante la forte dipendenza dalle importazioni, l’Italia potrebbe aumentare la produzione interna di gas e petrolio, migliorando così la diversificazione.

“Dobbiamo fare attenzione al Nord Africa: la Libia è un fornitore importante, ma di fatto è sparita; l’Algeria da quarant’anni fornisce gas regolarmente ma sta calando, un po’ perché non ne ha molto e non ha fatto grossi investimenti sul settore, un po’ perché continua a sentire l’Europa che dice che non è le servirà più il gas in futuro”, ha concluso.