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La confessione choc del superstite al Mostro di Firenze: “Ho appena scoperto chi è il mio vero padre”

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Mentre il Mostro di Firenze arriva su Netflix, nuove rivelazioni sul passato del superstite gettano un’ombra ancora più inquietante sul caso.

Per più di quarant’anni ha vissuto con una verità spezzata, ricostruita a metà tra silenzi familiari e traumi mai guariti. Ma oggi, a distanza di decenni da quella notte di sangue che segnò per sempre la sua esistenza, il superstite al Mostro di Firenze rompe il silenzio con una rivelazione sconvolgente: “Ho appena scoperto chi è il mio vero padre.” Una scoperta che getta nuova luce su uno dei casi più oscuri della cronaca italiana.

La serie del Mostro di Firenze su Netflix

Il celebre caso del Mostro di Firenze sarà al centro di una nuova miniserie prodotta da Netflix, in uscita il prossimo 22 ottobre, data in cui la piattaforma celebrerà i dieci anni dalla sua attivazione in Italia. Il progetto, intitolato semplicemente Il Mostro, si articolerà in quattro episodi diretti da Stefano Sollima, regista noto per opere di successo nel genere crime come Gomorra, Romanzo Criminale, Suburra e Adagio. Il cast includerà attori come Marco Bullitta, Valentino Mannias, Francesca Olia, Liliana Bottone, Giacomo Fadda, Antonio Tintis e Giordano Mannu.

La serie ripercorrerà gli otto duplici omicidi commessi tra il 1974 e il 1985 con una Beretta calibro 22, arma mai rinvenuta, che divenne la firma del killer. Per diciassette anni, il Mostro seminò il terrore in Toscana e in tutta Italia, dando vita a un’indagine tra le più lunghe e controverse della cronaca nera nazionale.

Nonostante decenni di inchieste, numerosi sospetti e diversi arresti, molti interrogativi rimangono irrisolti e alcune piste investigative risultano tuttora aperte. Tra le ipotesi più angoscianti emerse nel tempo, non è mai stata esclusa quella che il vero colpevole possa essere sfuggito alla giustizia e confondersi ancora oggi tra la gente.

Natalino Mele e la svolta sul padre biologico: un mistero che si infittisce

Contestualmente alla promozione della serie Netflix, è tornata alla ribalta la figura di Natalino Mele, l’unico sopravvissuto al delitto avvenuto nella notte tra il 21 e il 22 agosto 1968, quando Barbara Locci e il suo amante Antonio Lo Bianco furono uccisi a colpi di pistola mentre si trovavano in auto.

Natalino, figlio di Barbara, all’epoca aveva appena sette anni e venne trovato la mattina successiva fuori da un casolare a oltre due chilometri dal luogo dell’agguato: era scalzo ma con i calzini immacolati, visibilmente confuso. Le forze dell’ordine individuarono la scena del crimine grazie alla testimonianza dell’uomo che lo aveva soccorso. In un verbale dell’epoca si riportava che il bambino avrebbe raccontato di essere stato portato lì da un uomo che gli cantava La Tramontana, ma anni dopo smentì quel ricordo, affermando di non ricordare nulla della notte dell’omicidio. Per quel duplice delitto fu accusato e condannato Stefano Mele, marito di Barbara e padre legale di Natalino, ritenuto però parzialmente incapace di intendere e volere.

Proprio in questi giorni, un elemento inedito è emerso dalle indagini: la Procura ha informato Natalino Mele, oggi 62enne, che il suo padre biologico non è Stefano Mele, bensì Giovanni Vinci. Quest’ultimo è fratello di Francesco Vinci, che in passato fu indicato come uno dei sospettati principali e persino arrestato nel 1982 con l’accusa di essere il Mostro, prima di essere scagionato l’anno successivo quando il killer tornò a colpire durante la sua detenzione. Francesco era stato già nominato da Stefano Mele come presunto amante della moglie e possibile autore dell’omicidio del 1968, ma le sue dichiarazioni non furono ritenute attendibili all’epoca.

La nuova scoperta apre un possibile scenario: Francesco Vinci avrebbe potuto risparmiare Natalino proprio perché figlio del fratello Giovanni. Una possibilità inquietante che riporta il focus su una vicenda rimasta per anni sospesa tra colpevoli dichiarati, misteri irrisolti e verità mai del tutto chiarite. Oggi, tutti i protagonisti diretti di quella notte sono deceduti, tranne Natalino, che rimane l’unico testimone vivente di un capitolo ancora oscuro della storia italiana.