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Il governo ferma i rave perché “non balla” sui veri problemi

Il ministro Matteo Piantedosi

I ragazzi di Modena si sono trovati in perfetto sincrono con le esigenze di un esecutivo che non aspettava altro per distogliere l’attenzione da cose "amene" come caro bollette e crisi energetica.

Piero Calamandrei, non proprio un peone della materia, diceva che chi tenta di spiegare troppo una norma non è molto convinto che il fatto su cui legifera sia davvero normabile. Ora, dando per scontato che all’insigne giurista non sarebbero piaciuti i rave party, resta tutto il problema di una legge del governo Meloni che sembra costruita ad arte per far parlare di essa invece che di altro.

E senza cadere nella mistica cretina del benaltrismo d’accatto la colpa è loro, sia chiaro: delle circa mille persone che si sono radunati a Modena per fare cose sciamannate in un capannone al “suono” di watt gagliardi che stanno al pentagramma come Albino Ruberti sta allo yoga.

Quale colpa? Quella di aver invaso un terreno? Quella di aver concettualmente assunto tanta di quella droga e tanto di quell’alcol da mandare Don Mazzi ramengo dall’analista? Quella di essere un filino trasandati, forforecci e primordiali? No, la colpa dei ragazzi di Modena è stata quella di fare Modena in perfetto sincrono con le esigenze di un esecutivo che non aspettava altro per distogliere l’attenzione da cose amene come caro bollette e crisi mannara. Un governo che sulla faccenda ci si è buttato come un lagotto su un tartufo, che è pure stagione.

Presente quando ad un amico gli stai sermonando forte che non va bene che lui tradisca la moglie mangiandosi lo stipendio con le sciantose e sul più bello al semaforo si tamponano e lui scappa a cazziare il lavavetri che ha provocato il casino? Ecco, uguale: il tema è cioè una cosa comunque magari legittima da analizzare ma strategica a farla in quel momento.

E i ragazzi di Modena sono stati i “lavavetri” di Palazzo Chigi, maledetti loro e il loro calendario empio e allucinato da quella musicaccia. Perché al di là delle iperboli il problema sta tutto qua: non nella giustezza di un legiferato poliziotto che fa un po’ come nel film Minority Report, dove i reati erano puniti prima ancora che venissero commessi.

E il problema non sta neanche nel fatto che da un po’ di anni ormai ci si affanna a “descrivere e spiegare” la norma nel tentativo affannoso di giustificarla e blindarla per i futuri dibattimenti, che in giurisprudenza è un’eresia bella e buona. No, il problema vera sta nel fatto che per non dichiarare l’impreparazione (sanabile, ovvio) a risolvere problemi serissimi il governo si è affrettato a proclamare la lotta a problemi minori e lo ha fatto muscolarmente, con una affermazione più in punta di bilanciere da palestra che di diritto.

Lo ha fatto addosso a tizi che non saranno il top dell’eleganza e che annoverano nelle loro fila più di un potenziale violatore della legge, ma che il diritto di riunirsi se lo sono visti decapitare sul ceppo della distrazione voluta da quello che forse loro, intontiti ed ebbri, non sapranno mai: che l’Italia sta andando a rotoli.

E che ci sta andando perché il governo non ha “ballato” ancora sulla pista giusta e per non farlo sapere ha deciso chi deve ballare e chi no.