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La notte scorsa, Israele ha lanciato un attacco su larga scala contro le strutture energetiche iraniane, colpendo il più grande giacimento di gas naturale al mondo e altre installazioni chiave. Un passo che segna una rottura con il passato e alimenta le paure di un conflitto sempre più ampio.
Attacchi senza precedenti
Non si era mai visto un simile livello di aggressività: Israele ha attaccato alcune delle strutture petrolifere e gassose più vitali dell’Iran, segnando il primo di una serie di attacchi mirati in decenni di rivalità tra queste due nazioni. Le conseguenze si preannunciano devastanti per i mercati e per la stabilità regionale.
Secondo quanto riportato, il Ministero del Petrolio iraniano ha confermato che le forze israeliane hanno colpito un importante deposito di carburante, mentre una raffineria a Teheran è andata in fiamme. I soccorritori sono stati costretti a lavorare freneticamente per domare gli incendi divampati in diversi luoghi.
Un giro di attacchi reciproci
La tensione tra Israele e Iran è esplosa venerdì, quando lo Stato ebraico ha colpito siti militari e nucleari iraniani, eliminando diversi alti funzionari militari. La risposta di Teheran non si è fatta attendere: missili balistici e droni sono stati lanciati su varie città israeliane, in un crescendo di violenza che ha attirato l’attenzione della comunità internazionale.
Secondo i media statali iraniani, gli attacchi israeliani hanno causato la morte di almeno 80 persone, tra cui 20 bambini, e 800 feriti. Dall’altra parte, le autorità israeliane hanno riportato 10 vittime a causa dei contrattacchi iraniani.
Implicazioni per l’energia globale
Le incursioni senza precedenti di Israele sulle infrastrutture energetiche iraniane promettono di destabilizzare le forniture di petrolio dal Medio Oriente, con potenziali ripercussioni sui prezzi globali del carburante. Le tensioni tra i due paesi si intensificano ulteriormente, con minacce di attacchi ancora più violenti.
Ma quali sono le strutture energetiche iraniane colpite e perché sono così cruciali? L’Iran detiene le seconde maggiori riserve di gas naturale e le terze di petrolio al mondo, rendendo la sua infrastruttura energetica un obiettivo appetitoso per Israele. Fino ad ora, Tel Aviv aveva evitato di colpire questi impianti, pressata dai propri alleati, in particolare dagli Stati Uniti, a causa dei rischi per i prezzi globali.
La reazione iraniana
Il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha avvertito che se l’Iran avesse risposto, “Teheran brucerà”. E così è stato: incendi di vaste proporzioni sono divampati in diverse aree di Teheran, da un deposito di carburante a ovest a una delle più grandi raffinerie a sud.
Mentre la rete di notizie studentesca iraniana ha negato che la raffineria di Shahr Rey fosse stata colpita, ammettendo solo un incendio in un serbatoio esterno, il Ministero del Petrolio ha confermato l’attacco al deposito di Shahran, dove i vigili del fuoco sono ancora al lavoro per domare le fiamme.
Conseguenze economiche
Le perdite sono enormi. Il giacimento di gas South Pars, condiviso con il Qatar, è fonte di due terzi della produzione di gas iraniana. L’attacco ha causato danni significativi e incendi in un impianto di elaborazione del gas, fermando una piattaforma di produzione offshore. In un altro attacco, il gasdotto Fajr Jam ha subito danni, minacciando ulteriormente l’approvvigionamento energetico interno.
Il deposito di Shahran, tra i più grandi di Teheran, ha una capacità di quasi 260 milioni di litri e gioca un ruolo cruciale nella distribuzione di carburante nella capitale. Qualsiasi interruzione potrebbe complicare ulteriormente la logistica del carburante in una delle regioni più densamente popolate e economicamente vitali dell’Iran.
Il futuro incerto
In mezzo a questa escalation, l’Iran ha avvertito di considerare la chiusura dello Stretto di Hormuz, un passo che manderebbe le quotazioni del petrolio alle stelle. Questo stretto è una delle vie marittime più importanti al mondo, attraverso cui passa quasi il 20% del consumo globale di petrolio.
Le azioni israeliane hanno già spinto le quotazioni del petrolio a un aumento del 9%, e gli analisti prevedono un ulteriore rialzo quando i mercati riapriranno. La comunità internazionale tiene gli occhi aperti, preoccupata per le conseguenze di un conflitto che sembra destinato a protrarsi.