> > Italiani all'estero: Orlando, 'comunità di 6,6 mln sono 21ma...

Italiani all'estero: Orlando, 'comunità di 6,6 mln sono 21ma Regione italiana'

default featured image 3 1200x900

Roma, 17 dic. (Labitalia) - L’impegno "encomiabile" del Cgie e la "necessità di una Conferenza con cadenza regolare, che ne valorizzi ruolo e contenuto programmatico" sono stati al centro dell'intervento del ministro del Lavoro Andrea Orlando alla giornata di ch...

Roma, 17 dic. (Labitalia) – L’impegno "encomiabile" del Cgie e la "necessità di una Conferenza con cadenza regolare, che ne valorizzi ruolo e contenuto programmatico" sono stati al centro dell'intervento del ministro del Lavoro Andrea Orlando alla giornata di chiusura della IV Assemblea Plenaria della Conferenza Permanente Stato, Regioni, Province Autonome e Cgie.

“Dobbiamo riflettere su riforme adeguate del sistema di rappresentanza – ha affermato il ministro – e riconoscere la comunità degli italiani nel mondo, cresciuta negli ultimi 10 anni da circa 4,6 milioni a circa 6,5 milioni -, come la XXI regione italiana. Non c’è contraddizione tra l’adottare misure per favorire il “rientro” di coloro che desiderano mettere a valore le esperienze acquisite all’estero e le misure di tutela e sostegno per chi parte e vive all’ estero. Occorre in tal senso cogliere tutte le opportunità offerte dal Pnrr".

"L'analisi dei numeri e dei profili degli italiani nel mondo, ma anche degli immigrati in Italia, – ha detto il ministro – merita un'attenta riflessione sull'importanza di una gestione intelligente della mobilità. La disponibilità di adeguate conoscenze e qualifiche professionali è infatti un elemento decisivo per far fronte alle sfide poste dai trend demografici e dai processi di transizione ecologica e digitale in riferimento alla sostenibilità anche dei nostri modelli sociali. In questa prospettiva, e di fronte alla crescente specializzazione delle economie avanzate, è importante per l'Italia presidiare un mercato del lavoro che sta diventando sempre più globale, anche grazie alla diffusione di tecnologie che, applicate al lavoro, rendono più fluidi e meno rigidi i confini fisici tra Paesi”.