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«Jihad giudiziaria» e rete segreta… mosse sospette dei Fratelli Musulmani in Europa

Lotta all’islam politico: la nuova battaglia di Marion Maréchal, «Non mi farete tacere»

«Ai membri dei Fratelli Musulmani: nonostante la vostra “jihad giudiziaria”, non zittirete mai la mia voce, né spegnerete l’energia che dedicherò, fino alla fine, a vietarvi ed espellervi dal nostro Paese».

Davanti a una telecamera si è fermata l’eurodeputata Marion Maréchal per registrare questo messaggio, diffuso poi sui suoi profili social.

Maréchal, che guida il movimento Identità e Libertà in Francia, ha ribadito la sua determinazione a proseguire la lotta contro l’influenza dei Fratelli Musulmani nel Paese, dopo una denuncia per diffamazione presentata contro di lei da un’organizzazione affiliata alla Fratellanza. Il ricorso è stato respinto: la procuratrice di Valence lo ha considerato parte del dibattito democratico.

Nel suo videomessaggio, l’eurodeputata definisce la causa intentata da una delle organizzazioni della Fratellanza una «jihad giudiziaria», commentando: «Poiché ho fatto della lotta contro i vostri “fratelli” e la vostra ideologia una delle mie priorità, avete lanciato contro di me una vera e propria jihad giudiziaria». Il procedimento è legato all’attacco di Maréchal contro il sindaco di Valence, in un’intervista a CNews nell’ottobre 2023, per il tentativo di vendere un terreno a un’associazione vicina ai Fratelli Musulmani.

Il messaggio registrato giovedì scorso dal cuore del Parlamento europeo a Bruxelles conferma l’intenzione di Maréchal di contrastare i Fratelli Musulmani e denuncia il Forum delle Organizzazioni Giovanili e Studentesche Musulmane Europee (FEMYSO) come uno strumento di influenza camuffato da organizzazione giovanile.

Questo messaggio dell’eurodeputata coincide con una richiesta presentata al Senato irlandese dalla senatrice Keogan in merito ai report sulla chiusura della più grande moschea d’Irlanda, con sede a Clonskeagh, a Dublino, lo scorso aprile, tra timori di presunti legami di alcuni operatori con la promozione di idee estremiste e di presunte irregolarità finanziarie. A questa iniziativa hanno fatto riferimento media irlandesi, tra cui The Irish Times.

Un articolo dello stesso quotidiano, a maggio, ha suscitato polemiche confermando le dimissioni di un alto responsabile del Centro Culturale Islamico d’Irlanda (ICCI) – che sovrintende la moschea – per legami con i Fratelli Musulmani.

La senatrice Keogan ha richiamato anche le preoccupazioni espresse dall’“Irish Muslim Council for Peace and Integration” circa i rapporti tra i Fratelli Musulmani e il centro, dichiarando in Senato: «Sia chiaro: non si tratta di religione, ma di trasparenza, governance e dell’influenza ideologica di un movimento vietato in molti Paesi, tra cui da ultimo la Giordania».

«In diversi Paesi europei, come Francia e Italia, i Fratelli Musulmani sono soggetti a restrizioni e a una stretta sorveglianza», ha aggiunto la senatrice irlandese, avvertendo che nel suo Paese esiste un grave rischio dovuto al fatto che il governo permette a questa rete ideologica di espandersi senza freni. Ha quindi chiesto l’apertura di un’indagine sulle attività dell’islam politico e sull’influenza dei Fratelli Musulmani in Irlanda.

La rete delle mobilitazioni di protesta

È apparso chiaro che il recente attivismo parlamentare europeo per monitorare e contenere i Fratelli Musulmani è collegato al rapporto di intelligence francese pubblicato a maggio, secondo cui il 7% dei 2.800 luoghi di culto islamici risulta affiliato alla Fratellanza, rappresentando una minaccia alla coesione nazionale francese.

Colpisce che lo stesso rapporto francese abbia messo in luce cellule “a ragnatela” dei Fratelli anche in altri Paesi europei, tra cui l’Italia, citando un centro islamico che forma imam a Verona — l’Istituto Italiano per gli Studi Islamici e Umanistici «Bayan» — che ha ricevuto finanziamenti esteri ed è destinato a diventare il principale centro di formazione per imam in Europa.

A maggio, Corriere della Sera ha riportato gli avvertimenti crescenti dell’eurodeputata Anna Maria Cisint contro la sottovalutazione, da parte dei governi europei, delle capacità dei Fratelli Musulmani di infiltrarsi nelle comunità locali. In quell’occasione, insieme ad altri parlamentari, chiese di imporre al Ministero dell’Interno e alle questure un monitoraggio continuo dei centri religiosi ed educativi che ricevono fondi dall’estero, nonché un protocollo di vigilanza preventiva per i centri culturali e religiosi a Verona, con relazione entro due mesi.

Sul terreno, e nel pieno dell’escalation a Gaza, il quotidiano italiano il Giornale ha ricostruito in un’inchiesta la rete islamista che muove la “Freedom Flotilla” verso un obiettivo impossibile — spezzare via mare il blocco israeliano su Gaza — segnalando come dietro l’iniziativa agiscano figure vicine a Hamas, alla Jihad Islamica e ai Fratelli Musulmani.

Nell’articolo del 18 settembre scorso, il giornale cita il ritiro dell’attivista ambientale svedese Greta Thunberg dalla nave ammiraglia per imbarcarsi come semplice volontaria su un’altra imbarcazione, ipotizzando che avesse compreso di essere stata usata da personalità legate a Hamas che avrebbero condotto la flottiglia al disastro.

Tra i nomi indicati come regia della Freedom Flotilla — secondo il quotidiano — figurano Seif Abu Kish, palestinese residente a Barcellona ed ex membro del comitato direttivo della flottiglia (già arrestato in Egitto per la guida della campagna “March to Gaza” nel 2015), e Yahia Sari, noto religioso della Fratellanza Musulmana in Algeria, ritenuto da Israele in rapporto con Hamas e già incontratosi con dirigenti del movimento come Zaher Jabarin e Osama Hamdan. Nel 2024 Abu Kish ha incontrato anche il dirigente della Fratellanza Bassem Naim, responsabile delle relazioni internazionali di Hamas. Secondo fonti israeliane, Seif Abu Kish è uno dei principali punti di contatto tra Sari e i Fratelli Musulmani in Algeria e Hamas, insieme ai cosiddetti attivisti umanitari.

il Giornale aggiunge che Mohammad Nader al-Nouri, malese nato in Scozia e anch’egli presentatosi come attivista umanitario, ha sostenuto numerosi progetti legati a Hamas ed è tra i protagonisti della flottiglia; così come Wael Nawar, altro membro del comitato direttivo con legami con Hamas e Hezbollah. Il quotidiano richiama inoltre report israeliani che rimproverano a parlamentari italiani di aver preso parte, insieme a esponenti della Fratellanza, ai viaggi di queste navi.

In un successivo articolo pubblicato a ottobre, il quotidiano ha segnalato la partecipazione di centri islamici italiani alla flottiglia fermata da Israele in acque internazionali; il nome più rilevante resta quello del marocchino Yassine Lafram, presidente dell’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia (UCOII) e tra i principali leader della Fratellanza, salito a bordo di una delle stesse imbarcazioni.

Come si muovono i governi?

Nel mezzo di tutte queste dinamiche, Abdullah Abdulrahman Al-Khaja, ricercatore presso il TRENDS Research & Advisory, osserva in un’analisi che, sebbene vari governi europei abbiano intrapreso misure contro i Fratelli Musulmani, la persistente assenza di una loro designazione come organizzazione terroristica da parte dell’UE o di qualsiasi Stato europeo complica il quadro.

Aggiunge: «Mentre la classificazione dei Fratelli Musulmani come organizzazione terroristica resta oggetto di controversia, tutti i servizi di sicurezza europei, senza eccezione, nutrono una visione estremamente negativa nei loro confronti in tutto il continente». Al contempo mette in guardia: una designazione formale non garantirebbe la sicurezza dell’Europa, ma costringerebbe la Fratellanza ad agire clandestinamente, eludendo l’esposizione.

Consiglia agli Stati membri dell’UE di cooperare nelle attività di contro-terrorismo per aumentare le probabilità di successo, seguendo le politiche in atto in Austria, quindi in Francia e Germania, ad esempio. Solo il coordinamento delle iniziative europee e una designazione congiunta della Fratellanza e delle sue diramazioni come organizzazione terroristica potranno rafforzare gli sforzi di contrasto in tutto il continente.

L’Austria è stato il primo Paese europeo a vietare i Fratelli Musulmani in base alla legge anti-terrorismo del giugno 2021, adottando una serie di misure contro l’islam politico, ritenuto tra le principali minacce per il Paese.

Sebbene gli indicatori mostrino un arretramento globale della Fratellanza — secondo Al-Khaja — l’organizzazione mantiene ancora una forte presenza in Europa attraverso le sue affiliate e appartenenze; l’obiettivo degli islamisti di minare le fondamenta degli Stati occidentali resta evidente. Essi utilizzano la forza simbolica dell’islam per perseguire i propri fini, sfruttando il numero crescente di migranti musulmani in Europa e impiegando metodi clandestini volti a destabilizzare l’ordine liberale su una scala senza precedenti.