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La famiglia di Borsellino: "La prima sentenza che dice la verità"

Il terribile scenario a via D'Amelio nel luglio 1992

La famiglia di Borsellino: "La prima sentenza che dice la verità su soggetti appartenenti a corpi istituzionali dello Stato italiano"

Pezzi eccentrici dello Stato al servizio del male, la famiglia di Borsellino: “La prima sentenza che dice la verità“. Le parole arrivano dopo le motivazioni della corte di Caltanissetta sui depistaggi per via D’Amelio. Ad Adnkronos parla a nome dei familiari del giudice ammazzato con la sua scorta a luglio 92, è l’avvocato Fabio Trizzino, genero del giudice. Che ha detto: “Questa sentenza è importante perché, al di là degli aspetti connessi alla calunnia che sembrano blindati, è la prima sentenza, in 30 anni, che dice chiaramente che a questa strage hanno concorso, moralmente e materialmente, soggetti appartenenti a corpi istituzionali dello Stato italiano“.

“La prima sentenza che dice la verità”

Trizzino è anche legale di parte civile nel processo depistaggio. “E, sotto questo profilo i giudici valorizzano la vicenda incredibile connessa al reperto fondamentale della strage, che è a borsa del giudice Borsellino, e la sottrazione immediata dell’agenda rossa“. E in chiosa: “Questa sentenza, a mio giudizio è estremamente importante perché amplia lo spettro dello scenario che ha preparato la strage, individuandolo nell’isolamento e nella delegittimazione che il giudice subisce per effetto dell’ostracismo del Procuratore di allora, Pietro Giammanco”.

Torna il dossier “Mafia e appalti”

“E, in questo, la sentenza valorizzando quanto stabilito dalle precedenti sentenze, si attarda molto sulla questione delle indagini relative al dossier ‘Mafia e appalti’, quindi fermo restando che ci possono essere state quelle che si potrebbero definire, come nel caso Moro, ‘convergenze parallele’, finalmente ci concentriamo sul ‘nido di vipere’ e sulle indagini su Mafia e appalti, che il giudice voleva rivitalizzare“.