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Salvini: "I migranti vanno salvati e rimandati in Libia"

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Salvini, dal salotto di MattinoCinque, torna a parlare del tema migranti: secondo il Ministro è necessario che le persone salvate tornino in Libia

Matteo Salvini, ospite nel salotto di MattinoCinque, torna a parlare di immigrazione. E lo fa sostenendo la linea politica fino a qui mantenuta di totale chiusura dei porti italiani alle imbarcazioni cariche di migranti. Secondo quanto affermato dal Ministro dell’Interno “Noi stiamo lavorando in Africa. In Italia è finito il business dei trafficanti e di chi non scappa dalla guerra”. “I porti italiani sono chiusi”, prosegue Salvini, “E i migranti si salvano, come ha fatto la guardia costiera libica, e si riportano indietro”. Stando al vicepremier, “Così facendo la gente smetterà di pagare gli scafisti per un viaggio che non ha futuro”. Insomma, conclude: “Più persone partono, più persone muoiono”.

Le nuove accuse alla Francia

Salvini decide poi di associarsi alle accuse mosse alla Francia dagli alleati pentastellati, che nelle scorse ore hanno duramente attaccato i cugini d’oltralpe. Francia che sarebbe, secondo le accuse, responsabile della situazione di sottosviluppo dei paesi africani. Pesi verso i quali manterrebbe una presa di stampo coloniale, portando così numerose persone a lasciare i propri paesi d’origine e a mettersi in viaggio verso il Vecchio Continente. Accuse smentite però dagli stessi dati del nostro Ministero dell’Interno. Secondo il quale, nel corso del 2018 sarebbero appena duemila i migranti giunti sulle nostre coste provenienti dai 14 paesi che adottano il Franco CFA.

Il riferimento alla situazione in Libia

Il Ministro Salvini ha poi proseguito l’intervista parlando della situazione libica. Un paese nel quale la Francia avrebbe “Interessi opposti a quelli italiani”. Che non avrebbe quindi “Alcun interesse nello stabilizzare la situazione”. Ministro secondo il quale fermando il traffico di uomini si priverebbero del sostentamento le organizzazioni criminali dedite al traffico di droga e armi. Un ragionamento che appare essere molto simile a quello fatto da coloro che in italia propongono la legalizzazione delle droghe leggere. Proprio per cercare di privare le mafie di un settore dal quale provengono la maggior parte dei propri proventi. Un disegno di legge proposto da un senatore del Movimento, che aveva però trovato la forte opposizione del Ministro dell’Interno.

Francia che comunque, secondo Salvini, “Ha poco da arrabbiarsi, perché ha respinto migliaia di migranti. Comprese donne e bambini, alla frontiera”. Insomma conclude il leader del Carroccio: “Lezioni di umanità e generosità da Macron non ne prendo”.

La sottile linea dello scontro

Una linea, quella del ministro, che pur se legittima sul piano politico, potrebbe essere contestata sul piano legale. L’organizzazione Marittima Internazionale, riconoscendo alla Libia una area Sar (ricerca e soccorso) può infatti aver dato al nostro paese la possibilità legale di non intervenire a prestare soccorso alle imbarcazioni in difficoltà che si trovano in tale zona. Ma così facendo non ha considerato che, per poter prendere in carico navi cariche di naufraghi, è necessario per la Guardia Costiera libica poter disporre di un porto sicuro verso il quale fare rotta. E in Libia, data la difficile situazione politica, a cui si aggiunge la presenza di numerose milizie armate in lotta per il controllo del territorio, un simile posto non sembra esistere. E sono ormai ampiamente documentate le terribili condizioni a cui i mercanti di uomini costringono i migranti per mesi, prima di imbarcarli.

Una situazione che ha già portato un tribunale italiano – Il Tribunale del Riesame di Ragusa – a rigettare il ricorso avviato dalla Procura contro il dissequestro della nave dell’ONG Openarms. Nave secondo l’accusa colpevole di essersi rifiutata di consegnare le persone salvate dal mare alle autorità libiche.

Una decisione, quella del Riesame, motivata proprio dal fatto che “La Libia non è un approdo sicuro quale delineato dal diritto internazionale”. Una decisione secondo la quale, quindi, nessun posto il Libia può essere considerato come luogo sicuro.