Tra pressioni internazionali, tensioni sul campo e un fragile equilibrio politico, la guerra a Gaza entra in una nuova fase. Dopo mesi di guerra e negoziati interrotti, gli sforzi diplomatici si concentrano ora su Sharm el-Sheikh, dove prende forma un tavolo di mediazione volto a definire le basi di un cessate il fuoco e di un accordo sul rilascio degli ostaggi.
Sotto la spinta di Washington e con il coinvolgimento diretto del presidente statunitense Donald Trump, Israele e Hamas tornano a confrontarsi su un piano di pace che mira a porre fine a un conflitto destinato a ridefinire gli equilibri della regione.
Trump e il piano di Pace per la guerra a Gaza
Il presidente degli Stati Uniti ha esortato le parti coinvolte nel conflitto di Gaza ad accelerare i negoziati, sottolineando la necessità di una soluzione immediata per evitare nuove violenze. Attraverso la piattaforma Truth, Trump ha definito “positivi” i progressi compiuti finora e ha ricordato che la prima fase dei colloqui dovrebbe concludersi entro la settimana.
Trump ha evidenziato come il piano di pace elaborato da Washington – composto da venti punti – sia già stato parzialmente accettato da Hamas, includendo il rilascio degli ostaggi e il trasferimento dell’amministrazione di Gaza a un governo tecnico palestinese. Tuttavia, il movimento islamista avrebbe chiesto ulteriori modifiche su alcuni aspetti ancora controversi. “Il tempo è un fattore decisivo” e ogni ritardo potrebbe tradursi in un nuovo spargimento di sangue, ha sottolineato.
Secondo il presidente, un rifiuto da parte di Hamas di cedere il controllo della Striscia comporterebbe “una reazione durissima” e rischierebbe di compromettere ogni prospettiva di pace.
Sharm, al via i negoziati su Gaza: Israele, Usa e Hamas al tavolo
A Sharm el-Sheikh, in Egitto, sono iniziati i colloqui indiretti tra Israele e Hamas, con la mediazione di Stati Uniti, Qatar ed Egitto. L’incontro, considerato cruciale per definire la prima fase del cosiddetto “piano Trump”, vede la partecipazione dell’inviato speciale americano Steve Witkoff e del consigliere presidenziale Jared Kushner.
La delegazione israeliana è guidata dal ministro degli Affari strategici Ron Dermer, affiancato da rappresentanti delle forze armate, dell’intelligence e dell’ufficio del premier. Dall’altra parte del tavolo, il negoziatore capo di Hamas Khalil al-Hayya conduce la squadra palestinese, impegnata sia nei colloqui indiretti con Israele sia in consultazioni interne per superare le divisioni politiche.
Al centro dell’agenda figura il rilascio degli ostaggi israeliani e di centinaia di prigionieri palestinesi, con la possibilità di includere figure di spicco come Marwan Barghouti e Ahmad Sa’adat. Hamas avrebbe espresso disponibilità a procedere con uno scambio di detenuti, chiedendo in cambio una tregua estesa durante tutta la durata delle trattative, la sospensione temporanea delle operazioni militari e il ritiro dell’esercito israeliano dalle aree più densamente popolate.
Da Tel Aviv giungono segnali di apertura, con l’esercito invitato a ridurre le operazioni a Gaza City, anche se il premier Netanyahu ha precisato che l’esito del processo dipenderà dalla disponibilità di Hamas a rispettare gli impegni sul rilascio degli ostaggi. L’atmosfera resta tesa, ma la diplomazia internazionale sembra puntare su una finestra di opportunità per avviare un percorso di cessate il fuoco stabile e duraturo.