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Secondo le Nazioni Unite la carestia ha colpito 17 aree; l’OMS segnala la diffusione del colera e di altre epidemie a causa del collasso del sistema sanitario in gran parte del Paese.
Nel Nord Darfur, la fame ha spinto molte persone a nutrirsi con mangimi per animali dopo che le tekaya (mense caritative) hanno smesso di distribuire aiuti, secondo quanto riportato da fonti sudanesi.
Una sfollata del campo di Abu Shouk, nello Stato del Nord Darfur, ha raccontato al Forum dei Media Sudanesi di essere uscita dalla sua tenda in cerca di cibo per i figli affamati e, al ritorno, di averne trovato uno morto per grave denutrizione. Il rapporto descrive la situazione ad al-Fashir, dove l’esercito impedisce ai residenti di lasciare le zone dei combattimenti.
Assenza di speranza
In questo quadro drammatico, migliaia di famiglie nel Nord Darfur attendevano qualunque intervento capace di alleviare le sofferenze e fermare la malnutrizione che sta conducendo i bambini alla morte.
La comunità internazionale, nonostante le difficili condizioni, ha risposto inviando un convoglio carico di aiuti umanitari, riaccendendo tra la popolazione la speranza di un miglioramento.
Tuttavia, vicino alla città affamata di Mellit, nel Nord Darfur, è avvenuto un fatto gravissimo: mercoledì 20 agosto 2025 un aereo militare dell’esercito ha intercettato un convoglio umanitario del Programma Alimentare Mondiale (PAM).
Il portavoce dell’agenzia ONU, Gift Watanasathorn, ha dichiarato che “tre dei 16 camion del convoglio che trasportavano generi alimentari salvavita hanno preso fuoco e sono stati danneggiati”.
Tra le reazioni più rilevanti, il membro del consiglio presidenziale del governo “Tasis”, al-Tahir Abu Bakr Hajar, ha condannato su X il bombardamento del convoglio del PAM tramite drone nel territorio di Mellit.
Ha affermato che il convoglio trasportava beni di prima necessità per civili in estremo bisogno; ha definito l’attacco una flagrante violazione del diritto internazionale umanitario e delle convenzioni sulla protezione dei civili, rivelatrice del disprezzo per i valori umani e le consuetudini internazionali.
Ha ricordato che “il ripetersi degli attacchi agli aiuti umanitari, come accaduto lo scorso giugno vicino alla città di al-Kuma, costituisce un crimine contro l’umanità che non cade in prescrizione”, chiedendo che “i responsabili siano chiamati a risponderne in sede legale, a livello nazionale e internazionale”. Ha aggiunto che “quanto avviene dimostra chiaramente l’uso della guerra come strumento per punire, affamare ed estorcere politicamente i civili”.
Attivisti sudanesi hanno pubblicato sui social un video che mostra due camion avvolti dalle fiamme e colonne di fumo; hanno riferito che il bombardamento è avvenuto alle 12:00 contro il convoglio proveniente dal valico di al-Tina e diretto a Mellit.
La volontaria Mecca Abdelaziz ha dichiarato a “Darfur24” che un drone dell’esercito sudanese ha sorvolato la città per lungo tempo prima di lanciare diversi ordigni su parti del mercato, precisando che il bilancio delle vittime e dei danni non è ancora stato determinato.
La guerra continua
Intanto sono svanite le speranze nelle mediazioni internazionali per porre fine al conflitto: l’esercito sudanese prosegue la corsa agli armamenti, confermando la volontà di una soluzione militare anziché negoziale.
Mentre la carestia colpisce la popolazione, pochi giorni fa l’esercito ha firmato con il Pakistan un contratto di difesa del valore superiore a 1,5 miliardi di dollari, comprendente sistemi di difesa aerea, velivoli da combattimento senza pilota e vari equipaggiamenti militari; secondo stime, il finanziamento potrebbe provenire da un terzo soggetto che sostiene l’apparato militare sudanese.
L’accordo è stato definito durante una visita ufficiale in Pakistan di una delegazione militare sudanese guidata dal generale pilota al-Tahir Mohammed al-Awad al-Amin, comandante dell’Aeronautica sudanese, accompagnato dal comandante della difesa aerea e da funzionari della Corporazione per l’Industria della Difesa. La delegazione ha incontrato il ministro della Difesa, il capo dell’Aeronautica pakistana e altri alti ufficiali.
In base al contratto, l’esercito sudanese riceverà 10 velivoli K-8 Karakorum (addestramento/attacco leggero), 20 droni Shahpar-2, 50 droni MR-10K; inoltre 50 droni Ababeel-5, motori per caccia MiG-21, 150 veicoli blindati ASV Mohafiz e sistemi di difesa aerea HQ-9 e HQ-6.
La nuova cooperazione con il Pakistan giunge mentre si rafforzano anche i rapporti tra Pakistan e Turchia, soprattutto nei settori della difesa e dell’industria militare.
Secondo vari report, il ricorso a finanziamenti esterni riflette la scommessa di alcuni attori regionali sulla permanenza dell’istituzione militare come protagonista in Sudan, inserendo l’intesa nel contesto della competizione d’influenza tra i sostenitori dell’esercito e quelli dell’opposizione e delle forze civili.
Il quotidiano cinese Global Times ha riferito che la Turchia sarebbe prossima alla firma di un accordo di cooperazione militare con il Pakistan per lo sviluppo congiunto di caccia e missili. Ankara punta inoltre a sviluppare cacciatorpediniere “Aegis” di produzione nazionale, una portaerei, missili balistici e armamenti nucleari: la cooperazione con il Pakistan sarebbe quindi cruciale per il raggiungimento di tali obiettivi.
Attori esterni
Dallo scoppio della guerra civile, diversi attori esterni sono emersi come principali sostenitori dell’esercito sudanese, tra cui Turchia e Iran. Da Ankara l’esercito ha ottenuto droni “Bayraktar”.
I Bayraktar vantano capacità elevate: possono volare fino a 27.000 piedi, con un peso massimo al decollo di 650 kg; prodotti da Baykar, sono tra i droni più noti al mondo. Avrebbero autonomia fino a 27 ore, velocità massima di 240 km/h e una capacità di carico prossima a 1,5 tonnellate.
Ciononostante, le difese delle Forze di Supporto Rapido (RSF) sono riuscite ad abbatterli più volte, motivo per cui—secondo osservatori—l’esercito sudanese si sarebbe rivolto al Pakistan in cerca di superiorità aerea.
La Turchia intrattiene da anni legami con comandanti dell’esercito già attivi sotto l’ex presidente Omar al-Bashir ed è connessa al movimento islamista e alla corrente dei Fratelli Musulmani; tali relazioni si sarebbero rafforzate dopo l’inizio della guerra con al-Burhan.
Per quanto riguarda l’Iran, Bloomberg ha citato fonti d’intelligence e diplomatiche secondo cui, tra gennaio e luglio dello scorso anno, la compagnia aerea iraniana “Qeshm Fars Air”—sanzionata dagli Stati Uniti e legata alla Forza Quds—avrebbe effettuato almeno sette voli tra Iran e Sudan.
Il Conflict Observatory ha inoltre riferito di prove che l’Iran avrebbe effettuato nove voli cargo verso il Sudan tra dicembre 2023 e luglio 2024, trasportando armi che hanno sostenuto le Forze Armate Sudanesi, tra cui droni d’attacco; tali voli sarebbero coincisi con la comparsa, per la prima volta, di armamenti iraniani sui fronti sudanesi.
Secondo la stessa fonte, Teheran ha fornito all’esercito sudanese droni d’attacco Mohajer-6, oltre a stazioni di controllo a terra e ad altro equipaggiamento.