Difficile definire quello di Till Lindemann un semplice concerto. Chi ha assistito alla performance milanese dello storico e leggendario frontman dei Rammstein, impegnato nel suo tour solista ne è assolutamente convinto: quella che hanno vissuto è stata, a tutti gli effetti, un’esperienza multisensoriale difficile da raccontare e che, certamente, resterà indelebilmente impressa nei loro ricordi.
Un evento fuori dagli schemi, non certo una novità quando si parla del leader della storica metal band tedesca, un mix di molteplici ingredienti tra teatralità, creatività, eccessi, provocazione, emozionanti vortici sonori e surreali momenti visivi. Ecco dunque come è andata.
Till Lindemann infiamma Milano: provocazione, eccessi e teatralità sul palco dell’Alcatraz
Quella di Milano è stata la tappa italiana del ‘Meine Welt Tour’, un percorso parallelo a quello dei Rammistein per vivere appieno il mondo creativo e musicale di Lindemann. Accompagnato da una band di altissimo livello, il leader dei Rammstein ha calcato il palco dell’Alcatraz di Milano accolto dal boato del pubblico, pronto a vivere un’esperienza visivo-sonora immersiva e travolgente. Uno show in piena regola, curato nei minimi dettagli e senza lasciare alcunché al caso, a metà strada tra la disturbante provocazione, la teatralità nell’impiego di coreografie trasgressive, tra il grottesco ed il surreale, nonché delle fiamme e la trascinante e carismatica atmosfera delle sue canzoni.
Controverso ed imprevedibile, Lindemann è un personaggio che da sempre ama portare il suo pubblico in universi paralleli distopici nei quali la provocazione viene declinata in molteplici forme. Musicalmente il frontman ha scelto, per il suo percorso solista, di dare sfogo alla sperimentazione, prendendo per certi versi le distanze dall’industrial metal che dei Rammstei è da sempre un marchio di fabbrica e spingedo le sue creazioni sonore verso altri mondi del rock. In scaletta, tra gli altri brani, anche “Ich hasse Kinder” (pezzo conclusivo degli Encore) e poi “Fat”, “Prostitution”, “Praise Abort”, “Knebel”, “Golden Shower”, “Und die Engel singen”, “Altes Fleisch” e diverse altre canzoni tratti dai suoi lavori solisti.
Dal punto di vista visivo la scelta del performer è stata quella di dar forma ad una grottesca fusione tra perversione e sensualità, provocazione e sarcasmo. Arricchendo il tutto con la sua impressionante presenza scenica e, ovviamente, con le sue enormi doti vocali ed un sound inconfondibile impreziosito dalla potenza ritmica di Joe Letz e chitarristica di Danny Lohner. Un viaggio senza interruzioni tra cloni di Till con il volto in lattice, suore con una faccia di gomma impegnate in una ironica lap dance. E, proiettate sullo schermo, immagini di pura ed esplicita provocazione. Provocazione che, sul palco, raggiunge il suo apice, complici gli stessi componenti della band, durante “Fish on”. Un concerto intenso, dunque, caratterizzato quella teatralità ipnotica tra comicità ed avversione di un personaggio-artista-cantante in grado di suggestionare con uno spettacolo ossessivo ed in continuo mutamento e, allo stesso tempo, spingere alla riflessione.