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Ferrante: sul coronavirus serve un progetto nazionale di ricerca

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Milano, 17 feb. (askanews) - Indirizzare la ricerca non solo a fronteggiare l'emergenza della diffusione del Coronavirus, ma anche verso tutti gli altri aspetti connessi, comprese le dinamiche che possano portare a possibili cure. E' l'appello lanciato alle autorità sanitarie e di governo del Pae...

Milano, 17 feb. (askanews) – Indirizzare la ricerca non solo a fronteggiare l’emergenza della diffusione del Coronavirus, ma anche verso tutti gli altri aspetti connessi, comprese le dinamiche che possano portare a possibili cure. E’ l’appello lanciato alle autorità sanitarie e di governo del Paese da Pasquale Ferrante, il virologo, direttore scientifico dell’Istituto Clinico Città Studi, e a capo del team multidisciplinare della Università Statale di Milano che insieme con Serena Delbue ed Elena Pariani ha scoperto una mutazione del Sars-Cov-2 sulla proteina Orf-6.

Un appello sostenuto richiamando l’esempio di quanto accadde nel mondo scientifico italiano nella lotta contro l’Aids. “Da vecchio virologo, anche in termini anagrafici, mi sento di lanciare un appello affinché venga messo in cantiere un grande ‘Progetto Nazionale Coronavirus‘ che non sia focalizzato soltanto sulle emergenze e le urgenze. Che non preveda la ricerca soltanto nelle aree che oggi ci sembrano indispensabili, e lo sono, come i vaccini o gli anticorpi monoclonali, ma che preveda anche la possibilità per i virologi di lavorare ad ampio spettro su tutti gli altri aspetti di questa patologia – dice Ferrante – Cioè fare quanto fatto 30 anni fa, quando arrivò l’Aids in Italia: il ministero della Salute, attraverso l’Istituto Superiore di Sanità, diede vita a un importante fondo nazionale per la ricerca sull’Aids che portò a migliaia e migliaia di risultati sia in ambiti centrali sia in ambiti collaterali”.

Esempio di ricerca che – pur non focalizzata sulle tematiche di emergenza come i vaccini o gli anticorpi – ha aperto una prospettiva importante sulla possibile cura della malattia è proprio la scoperta fatta dai ricercatori della Statale, coordinati da Pasquale Ferrante, Delbue e Pariani, in collaborazione con l’Istituto Clinico di Città Studi.

Lo studio – già pubblicato sulla rivista Emerging Microbes & Infections (TEMI) – a differenza delle altre ricerche sulle mutazioni della proteina Spike, ha evidenziato su due soggetti una mutazione della proteina Orf-6, uno degli elementi che quando il virus replica all’interno del corpo, interagisce con la risposta immunitaria della persona, intervenendo sulla produzione degli interferoni. “Questo risultato, questi isolati, ci aiuteranno a capire se l’eccesso di produzione dell’ Interferone 1, o una riduzione, o una modulazione errata perché la proteina è stata mutata, possono essere ritenuti responsabili della conseguente patologia grave – prosegue il direttore scientifico dell’ICCS – E per fare questo stiamo già lavorando in laboratorio, su sistemi in vitro, utilizzando macrofagi e altre cellule immunitarie che infettiamo con gli stipiti mutati e con gli stipiti non mutati per verificare che cosa succede. Praticamente ci ha aperto un nuovo orizzonte di ricerca”.

Il nuovo orizzonte di ricerca è, semplificando, quello che, in prospettiva, potrebbe portare ad una possibile cura. “Noi stiamo lavorando sulla patogenesi – precisa Ferrante – cioè il meccanismo che può trasformare una infezione asintomatica leggera in una malattia grave. Lo shift da leggero a grave, legato al sistema immunitario che in qualche modo viene alterato da queste variazioni, può essere la spiegazione del fenomeno. Quindi entrare nel sentiero per individuare i farmaci più opportuni per curare o prevenire la malattia COVID-19 più grave”.

La ricerca ha preso il via nella primavera del 2020 da un’indagine su pazienti e personale sanitario dell’Istituto Clinico Città Studi nell’ambito di una collaborazione scientifica che punta ad analizzare un’ampia gamma aspetti connessi al coronavirus.

“L’ospedale ha contribuito tantissimo – conclude Ferrante – E ha contribuito permettendoci, dopo aver chiesto il permesso al Comitato etico di riferimento, di condurre delle ricerche ad ampio spettro. Questo è soltanto il risultato più eclatante, ma abbiamo in cantiere e stiamo scrivendo degli articoli su tematiche che riteniamo molto utili e molti interessanti su quali sono le modalità di diffusione del virus, e tante altri aspetti significativi per l’applicazione clinica”.

Nel contrasto alla pandemia, quindi la ricerca si muove non solo per fronteggiare l’emergenza, ma anche per scoprire i meccanismi di sviluppo della malattia e di conseguenza la sua cura.

Come calibrare – e sostenere – le diverse linee di studio segnerà dunque il percorso e i tempi della possibile vittoria sul virus.