La crisi in Medio Oriente e la posizione dell’Italia nel contesto internazionale hanno suscitato accese discussioni durante l’ultima puntata di Otto e Mezzo. Giovanni Floris ha criticato il governo Meloni per la gestione delle manifestazioni pro-palestinesi e per il ruolo marginale nelle trattative per la tregua, osservando che “bisogna avere una grande forza per non intervenire”.
Floris a Otto e Mezzo: critiche al governo italiano e la crisi in Medio-Oriente
Durante l’ultima puntata di Otto e Mezzo, il talk politico di La7 condotto da Lilli Gruber, Giovanni Floris ha espresso giudizi severi sull’operato del governo italiano guidato da Giorgia Meloni. Il giornalista ha evidenziato lo scetticismo dell’esecutivo nei confronti delle manifestazioni pro-palestinesi, accusandolo di averle osteggiate e di aver “ridicolizzato i partecipanti”.
Floris ha sottolineato l’inerzia del governo anche dopo l’attacco alla Flotilla, in cui deputati ed eurodeputati italiani sono stati arrestati da Israele in acque internazionali. Secondo il conduttore, il governo non avrebbe avuto un ruolo attivo nelle trattative per la tregua in Medio Oriente, limitandosi a seguire la linea politica di Donald Trump e a “stare silenziosamente dalla parte di Israele”, tentando di frenare le sanzioni richieste dalla comunità internazionale.
Giovanni Floris su contributo italiano silenzioso alla pace “nn in silenzio perché hanno dichiarato tutto sulle manifestazioni ridicolizzandole…certo faticoso stare in silenzio su flotilla fermata in acque internazionali…nn ha avuto un ruolo”#ottoemezzo #Trump #Meloni #Pace pic.twitter.com/ScCBWBx4Ei
— Sirio 🏀 (@siriomerenda) October 9, 2025
Floris a Otto e Mezzo: scetticismo sull’accordo di pace e il ruolo delle potenze internazionali
Riguardo all’accordo di pace recentemente raggiunto in Medio Oriente, Floris si è mostrato prudente. Pur riconoscendo il valore umano della tregua, definendo la giornata come positiva perché “smettono di morire le persone e vengono liberati gli ostaggi”, ha evidenziato che la definizione stessa di “accordo di pace” potrebbe risultare fuorviante, in quanto presupponeva una guerra formale:
“Qui non c’era una guerra, c’era Israele che sterminava i civili”.
Per il giornalista, la tregua non è frutto di una trattativa bilaterale, ma della pressione internazionale che ha isolato Netanyahu: “Israele era rimasto da solo nell’opinione pubblica mondiale”.
Trump, a suo avviso, avrebbe agito non per principi ma per calcolo politico, coerentemente con il suo pragmatismo:
“Non penso che Trump sia né buono né cattivo, fa sempre quello che gli conviene”.
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