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Cedolini opachi e arretrati mancanti: la protesta dei pensionati della Polizia contro l’INPS

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I pensionati della Polizia contestano l’INPS per arretrati mancanti e cedolini opachi, secondo quanto riportato dal comunicato di ‘Voce Libera’.

Decine di pensionati della Polizia di Stato contestano l’INPS per riduzioni ingiustificate degli aumenti contrattuali previsti dal D.P.R. 57/2022. Gli arretrati spettanti, circa 108 euro lordi al mese, risulterebbero drasticamente ridotti e i cedolini poco chiari, senza motivazioni né dettagli di calcolo, rendendo impossibile verificare le spettanze. I pensionati hanno quindi inviato una diffida con ultimatum di trenta giorni, minacciando azioni legali in caso di mancato ricalcolo.

Arretrati non pagati e cedolini opachi: la protesta dei pensionati della Polizia

Secondo quanto riportato dal comunicato di ‘Voce Libera’, dopo decenni dedicati al servizio dello Stato, molti pensionati della Polizia di Stato si trovano a confrontarsi con cedolini pensionistici incompleti e cifre che non corrispondono a quanto spettante. Le voci di calcolo criptiche e le riduzioni ingiustificate – in alcuni casi superiori al 70% dell’aumento contrattuale previsto – hanno spinto decine di ex agenti a intraprendere azioni legali formali contro l’INPS. La vicenda non riguarda solo il danno economico immediato, ma anche il diritto fondamentale alla trasparenza, con l’obiettivo di ottenere chiarezza sulle spettanze maturate durante una vita di contributi e sacrifici.

Ultimatum all’INPS: chiarezza sui cedolini o ricorso legale

La diffida, inviata recentemente all’INPS, solleva la questione degli incrementi contrattuali previsti dal D.P.R. 57/2022 per il triennio 2019-2021. Secondo i pensionati, la liquidazione delle pensioni di vecchiaia risulta inferiore a quanto dovuto, con cedolini generici e privi di motivazione, in violazione della Legge 241/1990 e dell’Articolo 97 della Costituzione.

Gli aumenti mensili spettanti, circa 108 euro lordi, sono stati in alcuni casi ridotti a 40,75 o 27,20 euro, generando un danno economico diretto. La diffida impone all’INPS un termine di 30 giorni per ricalcolare integralmente le pensioni e corrispondere tutti gli arretrati; in caso di inadempienza, i pensionati ricorreranno alle sedi giurisdizionali e segnaleranno eventuali responsabilità alla Corte dei Conti, rivendicando trasparenza e correttezza nei confronti di chi ha servito lo Stato per una vita intera.