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Laura Russo uccisa dal papà: mamma Giovanna racconta l'incubo

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"Mi avrebbe fatto piacere sentire il calore umano della gente e invece ho vissuto con la netta sensazione di essere una figura fastidiosa".

La piccola Laura Russo è stata uccisa a coltellate da suo padre cinque anni fa, nel 2014: all’epoca aveva solo 11 anni. La tragedia sconvolse tutta la città di Catania per la brutalità del gesto con cui il papà aveva deciso di uccidere la figlia. La sorella di Laura, Marika, aveva tentanto invano di difenderla: fortunatamente, però, venne a sua volta salvata dai due fratelli maggiori, Andrea ed Emauele. La corte di Cassazione ha emesso la sentenza definitiva per il padre killer: dovrà scontare l’ergastolo a vita. La mamma, infine, ha scritto una lettera al Corriere della Sera per raccontare la disperazione e l’incubo che ha vissuto in questi cinque anni. “In paese mi guardano male, come fosse colpa mia” ha spiegato.

Laura Russo, la lettera della madre

L’uccisione di Laura Russo, avvenuta nel 2014, ha sconvolto tutta l’Italia. La madre Giovanna Zizzo, però, è stata la vittima maggiormente colpita dai giudizi della gente, dei parenti, delle istituzioni. In una lettera al Corriere della Sera ha voluto raccontare la sua disperazione. “Si chiamava Laura la mia bambina, la uccise a coltellate l’uomo che avrebbe dovuto proteggerla, suo padre – scrive la mamma -. Adesso che il processo è chiuso, so che la mia Lauretta avrà giustizia. Ma proprio adesso che dal punto di vista giudiziario tutto è compiuto, trovo la forza per fare qualche riflessione su altri temi che in questi anni ho taciuto”.

Il giudizio della gente

Invece di ricevere il supporto del paese, infatti, Giovanna ha ricevuto solo giudizi, come spiega nella sua lettera. “Mi avrebbe fatto piacere sentire il calore umano della gente e invece ho vissuto questi cinque anni con la netta sensazione di essere una figura fastidiosa“. “Sento addosso la certezza – prosegue poi – che se me ne stessi in un angolo, in silenzio, in tanti tirerebbero un sospiro di sollievo”. Un secondo esempio: “Quel che è peggio è che in alcuni sguardi leggo atti d’accusa: sono stata io ad aver armato la mano del mio ex marito, io ad essermi allontanata dopo aver scoperto che aveva un’altra”. Infine, conclude: “Un ragazzo in Comune ha chiesto il permesso per organizzare un evento in memoria di Laura. Gli hanno detto che è stata una violenza tra le mura domestiche e lì deve rimanere”.