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Papa Francesco: "No all'eutanasia anche per malattie irreversibili"

papa francesco sull'eutanasia

Rivolgendosi ai medici, Papa Francesco ribadisce il no all'eutanasia e riconosce necessaria l'obiezione di coscienza per tutelare la vita.

Mentre si avvicina la Giornata mondiale del Malato, che si celebrerà l’11 febbraio, Papa Francesco ha ribadito la storica posizione della Chiesa riguardo eutanasia e suicidio assistito. L’opposizione riguarda anche casi estremi, come persone colpite da malattie irreversibili.

La posizione di Papa Francesco

Nel messaggio del Papa si rivolge ai medici e agli operatori sanitari: “Ogni intervento diagnostico, preventivo, terapeutico, di ricerca, cura e riabilitazione è rivolto alla persona malata, dove il sostantivo ‘persona’ viene sempre prima dell’aggettivo ‘malata’. Pertanto, il vostro agire sia costantemente proteso alla dignità e alla vita della persona, senza alcun cedimento ad atti di natura eutanasica, di suicidio assistito o soppressione della vita, nemmeno quando lo stato della malattia è irreversibile”.

Papa Francesco aggiunge: “La vita va accolta, tutelata, rispettata e servita dal suo nascere al suo morire: lo richiedono contemporaneamente sia la ragione sia la fede in Dio autore della vita. In certi casi, l’obiezione di coscienza è per voi la scelta necessaria per rimanere coerenti a questo sì alla vita e alla persona. In ogni caso, la vostra professionalità, animata dalla carità cristiana, sarà il migliore servizio al vero diritto umano, quello alla vita. Quando non potrete guarire, potrete sempre curare con gesti e procedure che diano ristoro e sollievo al malato”.

La reazione alle parole del Papa

In seguito alle parole di Papa Francesco, dalla parte avversa sono giunte reazioni tempestive. Co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni, Mina Welby ha dichiarato: “La professionalità medica prevede l’attenzione anche al malato in condizioni non più gestibili dal punto di vista della guarigione e del sollievo dalla sofferenza: in questa fase, è compreso anche il suicidio assistito che io preferisco chiamare morte volontaria assistita, richiesta dal malato terminale e rispetto alla quale il medico ha il dovere di agire“.

Mina Welby ricorda anche la possibilità di sospendere i trattamenti in corso, procedimento appoggiato dalla stessa Chiesa. Inoltre, ” il malato può chiedere di interrompere questi trattamenti e i medici possono e devono farlo, come è stato il caso di mio marito Piergiorgio Welby. È il malato che deve chiederlo, non è il medico che deve decidere o che può rifiutarsi di agire: non si provoca la morte, ma si accetta di non poterla impedire”.