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Mascherine Ffp2, test: "Modelli quasi tutti non a norma"

Mascherine

Quasi tutti i modelli di mascherine Ffp2 non sono a norma. La denuncia arriva da una società internazionale, dopo una serie di test.

In Alto Adige le mascherine Ffp2 sono diventate obbligatorie per entrare nei negozi e in qualsiasi luogo al chiuso. Sono più costose di quelle chirurgiche, il prezzo può superare i 2 euro, ma, come riportato dal Corriere della Sera, la maggior parte di quelle in commercio non hanno le caratteristiche che dovrebbero avere.

Test sulle mascherine Ffp2

La denuncia, come riportato dal Corriere della Sera, è arrivata da una società internazionale che si occupa di import export sull’asse Italia-Cina. “Da quando è iniziata la pandemia si sono moltiplicati i clienti che vogliono importare dispositivi di protezione dall’Asia. Il punto è che la maggior parte del materiale in commercio non corrisponde alle certificazioni” hanno raccontato i due legali rappresentanti. La società ha fatto fare diversi test, che sono stati anche controllati in un laboratorio. La maggior parte delle mascherine controllate non ha superato la prova del cloruro di sodio e dell’olio di paraffina e alcune non sono state nemmeno in grado di contenere il respiro. “Il messaggio che vogliamo lanciare è di fare molta attenzione alla merce che si trova sul mercato: in questa fase una buona mascherina può fare la differenza tra la vita e la morte. Specialmente in luoghi come le case di riposo, gli ospedali o i servizi sociosanitario. O le scuole visto che esistono anche linee per bambini” hanno spiegato i titolari, che stanno cercando di capire come sia possibile che questo tipo di prodotto riesca ad arrivare sul mercato. La maggior parte dei dispositivi difettosi è stata certificata con il marchio CE2163, codice della Universalcert, laboratorio di Istanbul. Le mascherine e altri dispositivi, come tamponi e test sierologici, seguono un percorso di autocertificazione europea senza alcun controllo. “In sostanza chi produce mascherine e le vuole vendere in Europa deve rivolgersi a un laboratorio europeo accreditato per la certificazione. La documentazione va quindi inviata all’apposito ufficio della Comunità europea dove viene rilasciato il marchio CE. A questo punto tutti gli stati membri sono autorizzati ad acquistare le mascherine” ha spiegato Pierangelo Clerici, presidente dell’Associazione Microbiologi Clinici italiani.

Eventuali controlli, che non sono obbligatori, sono di competenza dell’Iss e del Ministero della Salute e solitamente sono affidati ai Politecnici o a Istituti di Fisica delle Università che hanno le tecnologie per valutare il reale filtraggio delle mascherine. In realtà non vengono svolti. L’Inail, tramite procedura d’urgenza attivata per favorire l’approvvigionamento di mascherine, può autorizzare alla commercializzazione presidi fabbricati in Cina. “Purtroppo non esiste un percorso di controllo a livello centrale” ha spiegato Clerici. “Capisco che vaccini e farmaci abbiano un’ altra importanza ma oggi è importante che anche mascherine, test sierologici e antigenici e tutti i reagenti funzionino al meglio. L’epidemia ha mostrato tutti i limiti del marchio CE. Sarebbe opportuno che il marchio CE non fosse solo l’acquisizione di un’ autocertificazione, ma fosse una valutazione reale a monte di quanto dichiarato dalle aziende. Le criticità esistono soprattutto con le mascherine Ffp2, più complesse da produrre mentre in genere con le chirurgiche lo scostamento tra il dichiarato e l’ atteso è minimo” ha aggiunto l’esperto. In Italia, i laboratori che certificano, sono accreditati presso le Regioni o il Ministero a cui devono fornire una serie di certificazioni e l’Ente dovrebbe fare altre verifiche. Ogni Paese, però, ha delle regole interne, che possono non essere omogenee.