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USA, l'aggressore la contatta su Facebook dopo 30 anni: il racconto

Donna Thomas

Donna Thomas, Senior Vice President presso VUBIQUITY, racconta assieme all'ex marito Danny di quel giorno di 30 anni fa in cui lui la aggredì

“Nè io né Danny abbiamo mai parlato pubblicamente di quello che è successo, fino ad oggi”. Inizia così la lettera pubblicata sull’Huffington Post US con la quale Donna Thomas – attuale vice responsabile senior Studio Sales di Vubiquity – e il suo ormai ex-marito Danny, decidono di condividere la propria storia. Una storia di violenza come altre, ma che i due raccontano per dimostrare come a volte sapersi prendere le proprie responsabilità possa fare la differenza.

L’incontro della giovane coppia

Donna racconta di avere conosciuto Danny nel negozio di abbigliamento di Albany, Georgia, presso il quale lavorava. Racconta che “L’amore a prima vista non è quello che raccontano nei libri e nei film. O almeno no fu così per me. La musica non prese a suonare all’improvviso e non c’era nessuna aura abbagliante magicamente apparsa intorno a lui. Fu, piuttosto, un’immediata sensazione di sicurezza, mi sentivo tranquilla come se sapessi che si sarebbe preso cura di me”. Donna racconta così il primo incontro con Danny, giovanissimo Marine giunto ad Albany per addestrarsi. “Aveva gli occhi bellissimi. Comprò dei calzini e, dal giorno dell’incontro, non ci fu verso di separarci”.

Donna racconta che per le sei settimane successive i due continuarono a vedersi, ma al termine dell’addestramento Danny partì per la California. “La nostra ultima notte insieme fu una delle più belle della mia vita, non la dimenticherò mai”. I due per qualche mese intrattennero una relazione a distanza, finché un giorno Donna non decise di licenziarsi e trasferirsi in California per poter stare con il ragazzo di cui era innamorata. Un scelta che trova una forte opposizione nella madre della ragazza, contraria al suo trasferimento. “Il giorno della partenza, mia madre si aggrappò al paraurti della mia Cavalier turchese in lacrime. La rassicurai dicendole che ormai ero un’adulta e che poteva fidarsi del mio buon senso”.

Sposati di nascosto a Las Vegas

Donna racconta di come i due, appena ritornati assieme, decisero di “fiondarsi” a Las Vegas per potersi sposare. Una decisione che vista la disapprovazione della famiglia di lei decidono di non comunicare a nessuno. Donna racconta che “Per diversi mesi io e Danny siamo stati felici e innamorati. Non litigavamo mai”. Vita che per i due scorre serena e felice per circa un anno, ma che dal giorno “dell’incidente” non sarò più come prima per nessuno dei due.

Anche Danny racconta che “Per un anno fu come vivere in una bolla. Non ricordo litigi. Ma all’improvviso le mie azioni cambiarono la nostra storia per sempre”.

Il giorno dell’aggressione

“Stavamo discutendo, non ricordo proprio perché” racconta Donna. “La situazione si fa pesante, e io mi allontano da Danny e corro in camera da letto. Il cuore mi batte all’impazzata, e lui è proprio dietro di me. Mi afferra e mi getta a terra. Sono terrorizzata. La ragazza ricorda che la cosa più assurda di quei momenti fosse pensare “Non può essere, lui non mi farebbe mai del male”. Eppure ricorda chiaramente il movimento della sua mano che va ad afferrare il casco della moto, e il suono che questo fa quando comincia a colpire ripetutamente il suo corpo.

“Quando finalmente si ferma, esce dalla stanza, e io chiamo il pronto soccorso”, racconta la donna. Che spiega come con quel gesto il marito la abbia fatta sentire “ferita ed irrimediabilmente sola”. Perché vorrebbe tornare a casa dalla madre, ma non sa come dirle di essersi sposata di nascosto. Donna racconta di essersi fatta coraggio, ed averla chiamata. La madre prese il primo volo, e raggiunse la ragazza. Prende la figlia, e la riporta a casa. Non prima però di avere raccontato all’ufficiale in comando di Danny l’accaduto.

Anche Danny racconta di quel giorno. Della insensata paura che lo ha assalito, che lo ha convinto che lei avesse deciso di lasciarlo. “Avrei dato qualunque cosa per fermarla” dice. Racconta che “Lei scappa dal nostro appartamento, e io l’afferro e la ritrascino dentro con forza. Ma lei si libera e corre in camera da letto. Mi fiondo dietro di lei deciso a farle capire che non può andarsene. Un’immagine che ancora oggi lo tormenta: “Sono sopra di lei, la tengo e urlo: non puoi Lasciarmi!” Ma al tempo stesso ricorda di domandarsi “perché le sto facendo questo? Io la amo”. Racconta di vedere ancora il terrore sul suo volto, un ricordo che fortunatamente per lui non ha avuto conseguenze sul piano legale o disciplinare, ma che lo tormenta ancora oggi.

Le conseguenze dell’aggressione

Donna racconta che quel giorno la sua vita cambiò. Da quel giorno spiega, “I rapporti mi causano ansia. Ho difficoltà a fidarmi degli uomini e ad abbassare la guardia”. “Ho raggiunto tanti obiettivi nella vita”, dice, “Ma il sogno di qualcuno da amare mi è sfuggito dalle mani”.

Danny, pur essendosi risposato, racconta che “Rimorso e pentimento sono stati il filo conduttore della mia vita. Ho sbagliato tutto, ed è traumatico ricordare e rendermi conto che le mie azioni ci hanno separato”.

Lui voleva però ritrovarla, deciso a chiederle perdono. È riuscito a rintracciarla grazie a Facebook, e lì le ha scritto. “So che “Mi dispiace” spesso suona come un’espressione vuota, priva di significato, perciò mi prendo la responsabilità delle mie azioni. Ero giovane e stupido. Posso solo chiedere il tuo perdono. Invecchiando diventiamo più saggi. O almeno per me è stato così. Non te lo meritavi”.

La decisione di raccontare la loro storia

Donna Thomas racconta che “Mentre ricominciavamo a parlarci, è successa una cosa bellissima. Ci siamo ricordati dell’amore che ci univa tanto tempo fa. Quell’amore è stato d’aiuto ad entrambi. Io ho sentito la sua vergogna, il suo rimorso, e l’ho perdonato. La prima volta che abbiamo parlato ero terrorizzata, ma dopo un minuto di conversazione sapevo che da quella riunione sarebbero arrivati solo risultati positivi.

I due hanno quindi deciso di rendere pubblica la propria storia perché “Ci auguriamo che, in una nazione dove si continua a lottare contro la violenza domestica, l’abuso sessuale e tutti i traumi personali che ne conseguono, che la nostra storia sia un esempio di quello che può succedere quando chi ha sbagliato riconosce la responsabilità delle sue azioni, anche se ci arriva trent’anni più tardi”.