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Il Coronavirus è il nuovo cigno nero dei mercati

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Più che cercare di prevedere la durata della crisi, conviene ridurre l'esposizione al rischio e concentrare gli asset azionari su titoli con elevate conviction nel medio termine

“A nostro avviso la crisi del coronavirus, che ha fatto vacillare i mercati per qualche giorno, va intesa come un cigno nero“. L’analisi di Didier Saint-Georges, membro del comitato strategico di investimento di Carmignac.

È probabile che l’impatto immediato sulla domanda globale aumenti man mano che l’impatto sulla fiducia dei consumatori si estenderà alle economie sviluppate

Questa metafora serve non tanto per sottolineare la gravità della crisi, ma per tenere presente la sua natura unica che rende inutili i paralleli con i casi passati e le statistiche normalmente utilizzate per l’analisi del rischio. La crisi deve essere analizzata sulla base dei dati affidabili disponibili, non su speculazioni sui suoi sviluppi futuri, che nessuno oggi può prevedere con precisione.

In questo senso, la crisi ha la stessa natura degli shock esogeni del passato, come gli attentati terroristici negli Stati Uniti nel 2001, il virus della SARS nel 2003 o l’incidente di Fukushima nel 2011.

In tutti questi casi, i danni ai mercati e all’economia tendono ad essere in gran parte creati non dalla causa iniziale della crisi, ma piuttosto dalle reazioni alla crisi stessa, sia che si tratti di misure di contenimento – che danneggiano la domanda dei consumatori e, in una fase successiva, le catene di approvvigionamento – o di stress psicologico che nuoce alla fiducia, alla domanda dei consumatori e alle attività di rischio.

La diffusione del virus presenta una caratteristica unica, in quanto tende a seguire una traiettoria esponenziale a forma di campana, nel senso che inizia con un’accelerazione esponenziale di nuovi casi e successivamente la traiettoria decelera e si appiattisce, prima di registrare un calo e scomparire.

Nel caso in questione, la traiettoria delle nuove infezioni è già in fase calante in Cina ma, logicamente, sta entrando solo ora nella fase di accelerazione in altre parti del mondo, visto che si è diffusa in una fase successiva rispetto a quella cinese. Questo spiega perché i mercati internazionali, all’inizio, hanno preso in considerazione soprattutto la crisi cinese, che ha il supporto di politiche monetarie ancora molto accomodanti, mentre ora la fase di diffusione a livello internazionale della propagazione sta creando ondate di stress sui mercati globali del rischio. Queste ondate dureranno fino a quando la loro traiettoria non raggiungerà la fase di decelerazione.

Dal punto di vista economico, è probabile che l’impatto immediato sulla domanda globale aumenti man mano che l’impatto sulla fiducia dei consumatori si estenderà alle economie sviluppate. Al contrario, man mano che i lavoratori cinesi del settore manifatturiero torneranno progressivamente al lavoro, come stanno già facendo, i danni alle catene di approvvigionamento inizieranno ad essere più contenuti.

Riteniamo che, in questo momento, sia inutile cercare di prevedere la durata della crisi per gestire i portafogli. Ci sembra più appropriato concentrarci su due priorità:

  1. ridurre l’esposizione complessiva al rischio in tutte le asset class per ricondurla a livelli moderati. Questo non impedirà del tutto che la volatilità influisca sui Nav giornalieri dei fondi, ma fornirà il profilo più accettabile per tutti i potenziali scenari;
  2. garantire che gli asset azionari all’interno dei portafogli siano costituiti da titoli con elevate conviction nel medio termine, in modo ad essere pronti a incrementare le esposizioni non appena si presenteranno buone opportunità. Considerato che, a nostro avviso, quest’anno i policy maker – anche in Cina – difficilmente ricorreranno a politiche di reflazione massicce, i titoli high conviction saranno ancora una volta rappresentati dalle azioni growth a livello mondiale, compresi i mercati emergenti, con una visibilità molto elevata in tutti i cicli economici.