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La situazione a Gaza e il futuro politico di Benjamin Netanyahu si intrecciano in un momento cruciale per Israele. Tra la conclusione della prima fase del cessate il fuoco, il recupero degli ostaggi e la pianificazione della seconda fase del piano di pace, il premier affronta sfide interne ed esterne. Allo stesso tempo, la diplomazia internazionale, tra Stati Uniti, Germania, Egitto e Qatar, gioca un ruolo determinante nel definire il percorso verso la smilitarizzazione della Striscia e la stabilizzazione della regione.
Ecco tutti i dettagli dell’incontro con Merz a Gerusalemme.
Merz a Gerusalemme: sostegno a Israele tra accordo militare e intese sul gas
A rafforzare la posizione del governo israeliano è arrivato anche l’appoggio esplicito della Germania. Friedrich Merz, in visita ufficiale a Gerusalemme, ha ribadito la “responsabilità storica” di Berlino verso lo Stato ebraico, assicurando che la Germania continuerà a difenderne “l’esistenza e la sicurezza, oggi, domani e per sempre”. Sullo sfondo dell’incontro pesa anche il maxi accordo militare appena siglato tra i due Paesi: quattro miliardi di euro per la fornitura dei sistemi antimissile Arrow 3, il più grande contratto di difesa mai concluso da Israele.
Intanto Washington lavora su un doppio binario: da un lato la mediazione politica sulla crisi di Gaza, dall’altro la diplomazia economica, con l’ipotesi di un’intesa sul gas tra Israele ed Egitto. Secondo fonti americane, Trump vorrebbe favorire un vertice tra Netanyahu e il presidente egiziano Al-Sisi proprio per sbloccare l’accordo energetico e usarlo come leva per stabilizzare la regione. In questo intreccio di affari, sicurezza e negoziati, il futuro di Gaza e l’equilibrio del Medio Oriente restano legati a un delicato gioco di compromessi.
Netanyahu e la sfida politica tra grazia e futuro: “Non mi dimetto”
Benjamin Netanyahu ha chiarito che un’eventuale grazia presidenziale per il procedimento giudiziario che lo vede imputato per corruzione non segnerebbe affatto la fine della sua carriera pubblica. Anzi, il premier ha ribadito la volontà di restare alla guida del Paese, respingendo ogni ipotesi di passo indietro.
Durante l’incontro con il cancelliere tedesco Friedrich Merz, ha affrontato con tono ironico le domande sul suo destino politico: “Sono preoccupati per il mio futuro”, ha detto rivolgendosi ai giornalisti, aggiungendo poi che saranno gli elettori a decidere. Netanyahu, che ha chiesto formalmente la grazia al presidente Isaac Herzog lo scorso novembre, continua comunque a proclamare la propria innocenza e sottolinea come il processo, ancora in corso, stia creando profonde fratture interne.
Per questo, pur affermando che il suo interesse personale sarebbe arrivare a una piena assoluzione, sostiene che Israele oggi abbia bisogno soprattutto di “una riconciliazione nazionale di tutti i cittadini”.
Verso la fase 2 a Gaza tra diplomazia, ostaggi e disarmo
Sul fronte internazionale, il primo ministro guarda ora con attenzione al prossimo incontro con Donald Trump, atteso entro la fine del mese, che dovrebbe servire a definire i contorni della seconda fase del piano per Gaza. Netanyahu ammette che questa tappa sarà più complessa della prima, ormai in via di conclusione con il recupero dell’ultima salma di un ostaggio. Il leader israeliano parla di spiragli positivi: “Ci sono opportunità di pace”, ha dichiarato, spiegando che l’obiettivo resta quello di togliere ogni ruolo a Hamas nella Striscia.
Il disarmo dei miliziani, la smilitarizzazione del territorio e l’eventuale intervento di una forza internazionale sono i nodi centrali ancora da sciogliere. Da una parte Hamas invia segnali contraddittori, oscillando tra rifiuto del disarmo e disponibilità a congelare le armi; dall’altra, i Paesi mediatori lavorano per trovare una formula condivisa. Netanyahu, però, insiste sulla linea dura: “Otterremo il disarmo di Hamas e smilitarizzeremo Gaza”, mentre guarda anche alla fase tre del piano, che punta alla “de-radicalizzazione” della Striscia, sul modello di quanto avvenuto in altri Paesi dopo grandi conflitti.