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Germania: le 8 ore di lavoro sono obsolete nell'era digitale

Ridurre le 8 ore di lavoro

La Germania sta pensando di ridurre le 8 ore di lavoro quotidiane perché ormai "obsole" a causa della digitalzzazione. Protestano i sindacati.

Mentre in Italia si comincia a parlare (e in alcuni casi a sperare) del reddito di cittadinanza, in Germania dove il lavoro non manca si sta invece ipotizzando di rivoluzionare l’orario d’ufficio. Un rapporto del German Council of Economic Experts sostiene infatti che “le attuali 8 ore di lavoro siano obsolete e inflessibili” soprattutto perché ormai siamo entrati di diritto nella cosiddetta era digitale.

Ridurre le 8 ore di lavoro

Il German Council of Economic Experts sostiene che la legge tedesca sull’orario di lavoro “non è al passo con i tempi”. Gli esperti quindi consigliano al governo guidato da Angela Merkel di “allentare” questi orari, ovvero ridurre drasticamente le 8 ore di lavoro.

“L’idea di iniziare la giornata lavorativa al mattino in ufficio e di terminarla quando si lascia l’azienda (nel tardo pomeriggio, ndr) è superata” afferma difatti il presidente dell’organo di Consiglio Christoph Schmidt al quotidiano tedesco Welt. A far preoccupare i sindacati tedeschi è stata però un’altra affermazione di Schmidt, il quale sottolinea infatti che “alcune parti dell’attuale legislazione sulla protezione dei lavoratori non sono più adatte in un mondo del lavoro ormai digitalizzato”.

Nel rapporto, pubblicato mercoledì scorso, la commissione di esperti consiglia quindi “di limitare le ore lavorative a 48 a settimana anziché a 8 al giorno”. In Germania inoltre vige la norma che il datore di lavoro deve concedere al dipendente 11 ore di riposo tra i giorni lavorativi. Anche questa regola dovrebbe quindi essere modificata per permettere al datore di gestire con maggiore flessibilità il lavoro del dipendente.

Sindacati: no digitalizzazione del lavoro

I sindacati finora hanno sempre respinto l’idea di ridurre le 8 ore di lavoro e rendere questo più flessibile dal punto di vista temporale. Ciò che si teme, infatti, è che sia solo un ennesimo tentativo per sfruttare maggiormente il lavoratore. Eppure, già nel 2016 l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) aveva stimato che in Germania un dipendente medio lavora meno ore all’anno rispetto a qualsiasi altro Stato membro.

I sindacati però chiariscono che una eventuale digitalizzazione del lavoro imporrebbe una seria revisione delle norme che regolano i rapporti tra datore e dipendente. Senza opportune modifiche, infatti, ciò che potrebbe in apparenza essere vantaggioso rischierebbe di generare sfruttamento, per quanto 2.0. Il rischio infatti, oltre ad un abbassamento del costo del lavoro perché “fatto in casa”, è che i dipendenti siano perennemente controllati a distanza e a disposizione “su chiamata” (on demand) ventiquattr’ore su ventiquattro.

Uno studio condotto due anni fa dal German Trade Union Confederation (DGB) ha svelato difatti che il 46% degli intervistati non considera la digitalizzazione una liberazione dal lavoro, anzi. Queste persone infatti hanno affermato che ciò ha comportato per loro un carico di lavoro maggiore ma un uguale stipendio. Solo il 9% dei lavoratori ha invece dichiarato che la digitalizzazione ha reso le loro vite più facili. Ai microfoni di ARD, Reiner Hoffmann, direttore del DGB, rivela infatti che “sono un miliardo finora gli straordinari non pagati“, denunciando: “Con la scusa della digitalizzazione si sta solo compiendo un furto di salari ai danni dei dipendenti da parte dei datori di lavoro”.