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Corte Ue: lecito uso immagini di Gesù e Maria per pubblicità

Immagini di Gesù e Maria

Una azienda lituana aveva utilizzato le immagini di Gesù e Maria per vendere jeans: secondo la Corte di Strasburgo è libertà d'espressione.

Una azienda lituana aveva utilizzato le immagini di Gesù e Maria con l’intento di riuscire a vendere più jeans. Ma secondo quanto stabilito dalla Corte di Strasburgo non c’è niente di male, parlando invece di libertà d’espressione e dando dunque ragione all’azienda lituana, che inizialmente era stata multata per aver mostrato immagini definite contro la morale pubblica. Decisione che invece è stata completamente ribaltata da parte della Corte di Strasburgo.

Immagini di Gesù e Maria

Immagini di Gesù e Maria possono essere utilizzate per vendere vestiti. O qualsiasi cosa, in realtà. A stabilirlo è stata la Corte Europea dei Diritti Umani, la quale si è espressa in favore di una azienda lituana, che aveva usato proprio delle immagini di Gesù e Maria per pubblicizzare i propri prodotti. Inizialmente, l’azienda era stata multata nel proprio Paese. La sanzione era stata inflitta in quanto la compagnia Sekmadienis Ltd avrebbe mostrato delle immagini contrarie alla morale pubblica. Secondo i tribunali locali, infatti, l’uso dei simboli relativi a Gesù e Maria è stato del tutto inappropriato, distorcendo quello che è il loro reale significato.

Entrando maggiormente nello specifico, nello spot pubblicitario una modella e un modello indossano gli abiti da pubblicizzare, in una scena che rievoca chiaramente l’iconografia cristiana. Il tutto poi accompagnato da slogan, come ad esempio: “Gesù, Maria, che stile!” oppure “Madre di Dio, che vestito!”.

La sentenza della Corte di Strasburgo

La decisione di multare l’azienda lituana per aver pubblicizzato quelle immagini è stata completamente ribaltata dalla Corte di Strasburgo. Nella sentenza, infatti, si può leggere che la libertà di espressione costituisce uno dei fondamenti essenziali di una società democratica. Inoltre, rappresenta anche una delle condizioni di base per il suo progresso e per l’autorealizzazione individuale di ciascuna persona. Ma non solo. Sempre nella stessa sentenza si sottolinea che la libertà di espressione si può estendere anche a idee che scioccano, disturbano o offendono.

Secondo la Corte di Strasburgo, le motivazioni date dai tribunali locali che hanno multato l’azienda sono “vaghe e insufficienti per spiegare perché il riferimento ai simboli religiosi nelle pubblicità sia offensivo, se non per il fatto che lo scopo non sia religioso”. Per i giudici della Corte di Strasburgo, inoltre, le immagini non sembrano offendere in maniera gratuita, non sono profane e non incitano in alcun modo all’odio per motivi di fede. E non attaccano una religione in modo abusivo o gratuito.

Infine, il tribunale di Strasburgo conclude, dichiarando che le autorità locali non sono riuscite a raggiungere un giusto equilibrio tra la protezione della morale pubblica e i diritti delle persone religiose da una parte e il diritto di libertà di espressione dell’azienda dall’altra. Le posizioni espresse dall’azienda, infatti, secondo la Corte di Strasburgo dimostrano che “hanno dato priorità totale a proteggere i sentimenti delle persone religiose, senza prendere in considerazione in modo adeguato il diritto alla libertà d’espressione della compagnia”. A questo punto, Vilnius dovrà restituire i 580 euro che l’azienda è stata costretta a pagare come multa.