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Johnson non si dimette, i ministri continuano a fare pressing

Johnson non si dimette

Botis Johnson non si dimette nonostante i tanti ministri e viceministri che hanno rassegnato le dimissioni nelle ultime 24 ore.

Botis Johnson non si dimette nonostante i tanti ministri e viceministri che hanno rassegnato le dimissioni nelle ultime 24 ore.

Johnson non si dimette, i ministri continuano a fare pressing

Il primo ministri inglese Boris Johnson ha rifiutato di dimettersi nonostante le ripetute sollecitazioni ricevute da parte dei suoi ministri e la travolgente impennata di dimissioni tra la compagine Tory. È quanto segnalato dai media britannicidopo una serie di incontri che si sono tenuti a ritmo forsennato nella giornata di mercoledì 6 luglio e che hanno coinvolto il leader e i parlamentari della sua fazione politica e dell’opposizione.

In seguito al rifiuto di dimettersi da capo del Governo, si attende che altri esponenti dei Tory decidano di lasciare i propri incarichi, seguendo l’esempio dei 14 ministri e viceministri che hanno già abbandonato la nave capitanata da Johnson nel corso delle ultime 24 ore.

Al momento, tuttavia, come segnalato dalla BBC, il primo ministro continua a ripetere di non aver intenzione di lasciare l’esecutivo, soprattutto in considerazione delle “questioni enormemente importanti” che il Regno Unito deve affrontare.

In particolare, durante un’audizione alla Camera dei Comuni, Johnson ha confermato di non voler procedere con le dimissioni e ha dichiarato: “Il compito di un primo ministro nelle difficili circostanze attuali è di andare avanti come io intendo fare, avendo ricevuto un mandato popolare colossale alle elezioni di fine 2019, ha tagliato corto Johnson di fronte alle nuove sollecitazioni a dimettersi. In un successivo passaggio ha poi detto che vi è una semplice ragione per cui i laburisti mi vogliono fuori da Downing Street: perché sanno che altrimenti il governo attuerà il suo programma sul rilancio economico e sul dopo Brexit, e i conservatori vinceranno anche le prossime elezioni politiche”.

Le richieste di dimissioni ricevute dai ministri

Intanto, poco prima del consiglio di gabinetto, una delegazione di ministri fedeli al premier britannico ha rivelato di voler far visita a Johnson e chiedergli di dimettersi.

Secondo quanto riferito dalla BBC, la delegazione era composta dal ministro-capo gruppo (chief whip) Tory alla Camera dei Comuni, Chris Heaton-Harris, e dai ministri dei Trasporti, Grant Shapps; dell’Irlanda del Nord, Brendon Lewis; del Galles, Simon Hurt.

Alcune fonti non confermate hanno riferito che tra i delegati fosse presente anche Nadhim Zahawi che, dopo le dimissioni di Rishi, aveva ottenuto una promozione da ministro dell’Istruzione a cancelliere dello Scacchiere.

Dinanzi al coordinamento dei presidenti di commissione della Camera dei Deputati, Boris Johnson ha accettato di affrontare un’audizione pronunciando un no comment rispetto all’iniziativa della delegazione di cui ha affermati di non essere a conoscenza.

Tra i ministri che figurano tra quello che hanmo chiesto al premier di ritirarsi, inoltre, ci sarebbe anche la ministra dell’Interno Priti Patel che, in serata, al premier di dimettersi in considerazione della crisi che ha travolto il Governo dopo lo scantalo Puncher.

Anche in giornata Boris Johnson aveva ribadito di voler resistere per far sì che il suo governo “vada avanti” nel proprio lavoro e e prosegua “ad attuare il programma” malgrado la raffica di dimissioni provocare in seno alla compagine Tory dai contraccolpi dello scandalo Pincher. Il premier lo ha detto nel Question Time del mercoledì alla Camera dei Comuni, replicando ai durissimi attacchi del leader laburista Keir Starmer e di altri oppositori, e ritorcendo contro le stesso Starmer le accuse di “mancanza d’integrità”.