Alessio Tucci, l’uomo che ha tolto la vita a Martina Carbonaro, ha inviato una lettera al Papa. Un messaggio che lui definisce carico di pentimento, ma che per la madre di Martina rappresenta solo l’ennesima ferita, un gesto che riapre il dolore. In un momento così fragile, la donna ha scelto di non restare in silenzio: ha risposto con parole dure, segnate dalla rabbia e da una verità che non conosce consolazione.
È un confronto a distanza tra chi ha perso tutto e chi ora tenta di riscrivere il proprio volto. Può davvero una lettera sanare ciò che è irrimediabilmente spezzato?
“Ha usato quella pietra per uccidere mia figlia”: la mamma di Martina si rivolge al Papa
Secondo la madre di Martina Carbonaro, l’assassino ha infranto la legge di Dio compiendo un atto consapevole e crudele, e ora avrebbe persino il coraggio di chiedere perdono al Papa, per di più in modo pubblico. La donna ha ricordato le parole di Gesù – “Chi è senza peccato scagli la prima pietra” – sottolineando che, nel Vangelo, nessuno osò lanciare quella pietra. Ma nel caso di sua figlia, quell’uomo, al contrario, l’ha raccolta e usata per uccidere, senza esitazione né pietà, ben consapevole di ciò che stava facendo.
Infine, ha rivolto un appello diretto e accorato a Papa Leone, chiedendogli di ascoltare anche lei, la voce di una madre spezzata dal dolore.
La mamma di Martina Carbonaro risponde alla lettera dell’assassino Alessio Tucci
Enza, la madre di Martina Carbonaro – la 14enne brutalmente uccisa dall’ex fidanzato Alessio Tucci ad Afragola, in provincia di Napoli – non nasconde la sua indignazione.
Dopo la notizia della lettera inviata da Tucci al Papa, nella quale l’assassino chiedeva perdono per le conseguenze delle sue azioni, la donna ha espresso profondo dissenso. Secondo lei, non ha alcun senso parlare di perdono: ritiene che, se davvero il Papa volesse comprendere la gravità di quanto accaduto, dovrebbe ascoltare lei, una madre costretta a vedere la propria figlia tornare a casa chiusa in una bara. Ha dichiarato che sarebbe pronta a presentarsi personalmente al Pontefice con gli occhiali insanguinati di Martina, per ricordare a tutti la realtà di quel crimine efferato.
“Non posso permettere che restino solo un oggetto, devono diventare una testimonianza. E dovranno essere visti anche dal Papa”.
Per la donna, la richiesta di perdono rappresenta una provocazione vergognosa, un gesto strumentale da parte di chi cerca redenzione per opportunismo. A suo avviso, chi ha infranto il quinto comandamento – “Non uccidere” – non può illudersi di rimediare semplicemente con una lettera.