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La non certezza della pena è la non certezza della colpa?

Vedova a processo per l'omicidio del marito

Rimanere impuniti sembra una sicurezza, i media ci raccontano storie di quotidiana impunità e mi chiedo: è proprio da questo che nasce l’idea di poter fare qualsiasi nefandezza? 

In questi giorni, sommerso dalle notizie di cronaca, affronto il traffico quotidiano con la mia flemma di sempre ma non riesco a fare a meno di notare qualcosa che fino ad ora non era entrata nei miei pensieri. La gente ha perso qualsiasi ritegno, io che di solito non sbuffo se qualcuno non mi da la precedenza comincio a notare che non è stata una svista: la precedenza non me l’ha data perché era convinto di averla lui, perché anche se aveva uno stop grande come una casa lui doveva passare prima di me. Osservo il volto tirato, i muscoli tesi, lo sguardo da battaglia. Avesse un vestito da centurione non mi sorprenderei.

La mattina presto una lunga coda di macchine si snoda verso Milano, si procede in prima, ognuno intento a farsi i fatti suoi come cantava Vasco ed eccolo, incurante della doppia riga continua, scavalca la fila per poi immettersi prepotentemente quando si trova una macchina di fronte. Al suono del clacson mi mostra il dito medio perché in realtà, per lui, è normale. Tutti quelli in fila non sono persone sono pecore e lui è il lupo, tutto chiaro, ma c’è un ma.

Se per caso facesse un frontale? Era un bravo ragazzo, stava correndo perché era in ritardo al lavoro, aveva una visita, e così via, persino nei casi più gravi discutiamo sui dettagli ignorando il quadro completo. Se trasgrediamo una norma, una legge, normalmente ci aspettiamo di pagarne il prezzo ma purtroppo oggi non sembra così.

Se prendiamo casi eclatanti come l’omicidio della povera Giulia, stiamo già discutendo sui dettagli, ovvero c’era o non c’era premeditazione? Come se lo scotch, i sacchi e il coltello fossero finiti in macchina per caso. Cerchiamo scusanti, montiamo un caso e poi ce ne dimentichiamo. Come per lo stupro di Palermo, è come se fossimo abituati all’orrore quotidiano, finché non capita a noi.

Rimanere impuniti sembra una sicurezza, i media ci raccontano storie nelle quali non ci impersonifichiamo, storie di quotidiana impunità e mi chiedo: è proprio da questo che nasce l’idea di poter fare qualsiasi nefandezza?

Vi ricordate il caso Tramontano? Come può l’uomo pensare di avvelenare la persona che dice di amare o di aver amato per poi ucciderla e buttarla via come un oggetto? Siamo davvero così assuefatti all’impunità, che non riusciamo a immaginare le conseguenze dei nostri gesti?

Quando pensiamo a determinati eventi viene quasi naturale giudicare e sperare per i colpevoli una pena certa e sicura. Il problema è che troppo spesso ciò non succede. Prendiamo come esempio l’ergastolano che in licenza premio ha ucciso due donne, viene logico domandarsi perché la licenza premio, qual’è il premio che un ergastolano possa meritare.

D’impulso la mia mente suggerisce pene più dure più severe: l’omicidio, lo stupro, se accertati al di là di ogni ragionevole dubbio, vanno puniti in modo esemplare. Non deve esistere il minimo pensiero di uscirne indenne. Il rischio che corriamo è che una pena meno efficace faccia apparire il crimine meno grave, quasi accessibile e questo non è accettabile.