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Made in Italy: ecco i paesi dove si concentra l'export delle aziende italiane

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Secondo l’ultimo rapporto ICE, il 51,2% dell’export nazionale è generato dalle PMI italiane.

Le aziende italiane esportano sempre di più all’estero, come emerge dal XXXVI Rapporto ICE, l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane.

Il principale mercato di sbocco per il Made in Italy è la Germania, con 66,9 miliardi di euro di export nel 2021 e una quota del 13% sulle esportazioni nazionali. Al secondo posto si posiziona la Francia, con un valore di 52,8 miliardi di euro, seguita dagli Stati Uniti (primo paese extra UE) con un giro d’affari di 49,4 miliardi di euro.

Dietro si posizionano altri paesi europei come la Svizzera (27,3 miliardi di euro), la Spagna (25,5 miliardi), il Regno Unito (23,5 miliardi), il Belgio (17,9 miliardi) e la Polonia (16,1 miliardi). Il nono mercato di sbocco per le merci italiane è invece la Cina (15,7 miliardi), seguita dai Paesi Bassi (15,2 miliardi), dall’Austria (11,4 miliardi) e dalla Turchia (9,5 miliardi).

Oltre la metà dell’export italiano è generato dalle PMI

Secondo l’ultimo rapporto ICE, il 51,2% dell’export nazionale è generato dalle PMI italiane, un livello che invece si ferma al 42% in Spagna e al 23,6% in Germania.

Si tratta di piccole e medie imprese che hanno fino a 249 dipendenti, il cui numero nel 2021 è aumentato del 6,9% rispetto all’anno precedente, arrivando a un totale di 136.025 aziende esportatrici. In particolare, il 77,1% delle imprese esporta meno di 750 mila euro l’anno, per un valore complessivo di 8,8 miliardi di euro e una quota di appena l’1,7% del totale dell’export italiano.

È proprio tra le PMI che si concentrano i maggiori rischi legati all’export, in quanto a differenza delle grandi aziende possiedono meno strumenti per la gestione del rischio nell’attività di commercio con l’estero. In queste circostanze, potrebbe essere utile ricorrere a un’assicurazione del credito, che permette di tutelarsi da una serie di situazioni avverse, come per esempio il rischio insolvenza del cliente estero.

Per individuare la soluzione più indicata per le proprie, specifiche necessità aziendali, attualmente è possibile affidarsi anche alla rete, richiedendo un preventivo online per la polizza per i crediti commerciali a una delle compagnie specializzate attive in questo settore.

Si tratta di una tutela fondamentale, in quanto le piccole e medie imprese, pur non disponendo spesso di una riserva di liquidità tale da poter sostenere questo tipo di rischi, al contempo rappresentano una risorsa essenziale per il tessuto economico italiano e il mantenimento dei livelli occupazionali nel Paese.

Ciò vale soprattutto per le piccole imprese con meno di 9 addetti, le quali costituiscono la quota più bassa dell’export nazionale, ma anche per le imprese che hanno da 10 a 49 dipendenti e le aziende di medie dimensioni con un organico da 50 a 249 addetti.
La situazione è diversa per le grandi aziende con oltre 250 dipendenti, che insieme generano il 48,8% dell’export italiano, in particolare per l’1,1% delle imprese esportatrici che nel 2021 da sole hanno prodotto un giro d’affari di 285,1 miliardi di euro.

I mercati su cui le PMI dovrebbero puntare per il 2022/23

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha fatto crollare le esportazioni italiane verso il mercati extra UE, con una calo del 16,7% dell’export nazionale in Russia nel primo semestre dell’anno.

Tuttavia, l’FMI stima una crescita del commercio mondiale del 3,2% nel 2023, dunque le opportunità non mancheranno, soprattutto per le aziende che sapranno cambiare rapidamente area geografica e puntare su mercati in espansione più redditizi.

In base alle previsioni ICE, per il periodo 2021/23 è previsto un incremento dell’import in Asia centrale del 15,5%, seguito da un aumento delle importazioni del 9,2% nello stesso periodo da parte dei paesi dell’Africa settentrionale e del 9% dalle nazioni dell’Asia orientale. Altri mercati in cui si dovrebbe registrare una crescita considerevole delle importazioni sono i paesi dell’America centro-meridionale, del Medio Oriente e dell’Oceania.

A guidare i trend settoriali dovrebbero essere i comparti alimentari e bevande, elettronica e chimica farmaceutica, tutti ambiti in cui le imprese italiane sono in grado di competere a livello globale e già oggi vantano una quota importante dell’export mondiale. Basti pensare agli articoli farmaceutici, che toccano la quota del 4,1% delle esportazioni globali, oppure all’agroalimentare che pesa per quasi il 10% dell’export tricolore, con un valore di oltre 50 miliardi di euro e una quota mondiale del 3,1%.

La diversificazione degli sbocchi è un approccio fondamentale per la gestione del rischio e l’acquisizione di una maggiore resilienza aziendale, soprattutto per le piccole e medie imprese che devono affrontare l’internazionalizzazione con minori risorse finanziarie rispetto alle grandi aziende.

D’altronde, se da un lato la pandemia ha impresso un’accelerazione all’export, l’aumento dei tassi di interesse, il caro energia e la carenza di materie prime sono tutte sfide che richiedono un’accurata attenzione alla sostenibilità economica da parte delle imprese esportatrici.