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Mafia perquisizioni, 200 agenti impegnati a Castelvetrano

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Mafia, a Castelvetrano sono in corso le perquisizioni per scovare i collaboratori del boss Messina Denaro. Oltre 200 agenti coinvolti.

Mafia, dai primi istanti dell’alba oltre 200 agenti sono impegnati in perquisizioni nella zona di Castelvetrano. Il blitz, coordinata dalla dda di Palermo, è in corso presso le abitazioni di una trentina di fiancheggiatori del capomafia Matteo Messina Denaro, boss latitante dall’estate del 1993. Per gli indagati si profila il grave reato di procurata inosservanza della pena aggravato dall’agevolazione mafiosa.

Mafia Castelvetrano

Le perquisizioni, effettuate ad ampio raggio, sono nei primi istanti dell’alba. Circa duecento agenti delle squadre mobili di Palermo e Trapani, assieme ai colleghi del Servizio centrale operativo di Roma, stanno ancora adesso svolgendo decine di controlli nell’area di Castelvetrano, in provincia di Trapani. Il paese è quello originario del boss latitante Matteo Messina Denaro. L’operazione è coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Il procuratore capo Francesco Lo Voi e l’aggiunto Paolo Guido hanno firmato i provvedimenti, che ipotizzano il reato di “procurata inosservanza di pena” nei confronti di una trentina di persone. Queste avrebbero collaborato, e/o lo fanno tutt’ora, con il capo mafia. In verità non ci sono novità eclatanti su queste trenta persone. Si tratta, infatti, di persone già citate nelle intercettazioni e dai collaboratori di giustizia.

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Messina Denaro

Messina Denaro è latitante dall’estate del 1993, dopo gli attentati malavitosi a Roma, Firenze e Milano. È figlio del vecchio boss di Castelvetrano Francesco Messina Denaro, personalità vicina ai corleonesi di Totò Riina. Si tratta dell’ultimo padrino di Cosa nostra ricercato. Negli ultimi anni gli inquirenti gli hanno fatto terra bruciata attorno al boss latitante, mettendo in manette familiari e decine di fiancheggiatori. Probabilmente se ne aggiungeranno altre trenta.

Blitz antimafia

Nell’ultimo anno sono stati parecchi i blitz forze dell’ordine contro questa situazione di mafia. Il risultato è che da una parte diversi fiancheggiatori comprovati sono stati messi in manette. Dall’altra parte, invece, è stata avviata l’erosione del patrimonio che dovrebbe garantire la latitanza del boss. Il tutto è partito dal febbraio scorso, a seguito di una confisca di beni per tredici milioni di euro a tre imprenditori trapanesi legati al mondo dell’olio.
A maggio ci sono stati altri quattordici arresti, avvenuti nella zona di Marsala. Non molti giorni più tardi, sono passati definitivamente allo Stato i beni sequestrati nel 2015, all’imprenditore di Salemi Salvatore Angelo. Il bottino arriva a toccare i sette milioni di euro.

Al 15 novembre scorso, invece, c’è stato il provvedimento della Dia di Trapani contro Giovanni Franco Becchina. L’uomo, 78 anni, è un commerciante internazionale d’opere d’arte e reperti di valore archeologico. Il sequestro ha riguardato l’intero patrimonio mobiliare, immobiliare e societario riconducibile a Becchina. Per oltre 30 anni, Giovanni Franco Becchina si sarebbe arricchito grazie ai proventi del traffico internazionale di reperti archeologici. Molti di questi, sono stati trafugati clandestinamente nel più importante sito archeologico di Selinunte da tombaroli al servizio di cosa nostra. Dietro a questo traffico illegale di materiale archeologico, ci sarebbe stato il boss Francesco Messina Denaro, a cui è succeduto il figlio Matteo.