> > Mercato azionario: analizziamo il crollo dei Big Tech con gli esperti di Trad...

Mercato azionario: analizziamo il crollo dei Big Tech con gli esperti di TradingOnlineTop

TradingOnlineTop: analisi crollo dei big tech

Crollo delle azioni dei colossi tecnologici di Wall Street: gli esperti di tradingonlinetop.com hanno provato a fornire una spiegazione.

Il mercato azionario a livello globale continua a non mostrare alcun segno di stabilizzazione: difatti ogni rimbalzo tecnico, delineato dalle quotazioni dei vari benchmark, si esaurisce nell’arco di poche sedute di contrattazione e il più delle volte la pressione in lettera ha la meglio prima della chiusura giornaliera. Forse l’unico aspetto positivo in questa fase alquanto complessa è rappresentato dal fatto che gli indici internazionali più importanti, eccezion fatta per quelli statunitensi, non hanno infranto al momento i bottom registrati nel primo trimestre: già, perché a destare maggior preoccupazione fra gli analisti è sicuramente Wall Street -la prima piazza finanziaria del mondo, fino a poco tempo fa elemento trascinatore-, che fin troppo rapidamente ha polverizzato quasi tutto l’incremento di capitalizzazione registrato nel 2021.

Per definire il passaggio da un trend di lungo periodo rialzista ad un trend di lungo periodo ribassista, comunemente si tiene conto della flessione dalla quotazione massima raggiunta dall’indice: un decremento superiore al 20% sancisce, nello specifico, il passaggio da un mercato toro ad un mercato orso. Da questo punto di vista i benchmark USA non sono allineati: mentre su S&P500 e Dow Jones non si è ancora configurato il pattern descritto, le quotazioni del Nasdaq -e del Russel 2000– sono già ampiamente oltre quel livello di perdita.

Si tratta senza dubbio di una circostanza abbastanza singolare, ma comunque di grande importanza per gli investitori. Per questo motivo gli esperti di tradingonlinetop.com, portale focalizzato sugli investimenti finanziari che grazie alla presenza di analisi e approfondimenti dettagliati si propone come polo didattico a 360 gradi, hanno provato a fornire una spiegazione (per maggiori informazioni: come iniziare a fare trading online con tradingonlinetop.com).

Come hanno inciso i titoli FAANG sul crollo di Wall Street

Osservando la segmentazione del mercato azionario statunitense, si può facilmente notare come l’ultima parte del rialzo dello scorso anno non sia stata equamente distribuita su tutti i sottostanti. A trascinare gli indici, quando gli omologhi di altri paesi avevano già il fiato corto, sono stati pochi titoli con valorizzazione di borsa monstre, mentre tantissime società a media e bassa capitalizzazione avevano perso nel frattempo molto terreno. Questa asincronia è ancora più evidente sui Big Tech: i famosi FAANG, probabilmente anche per motivi legati all’allocazione di portafogli istituzionali, hanno trascinato al rialzo l’intero comparto fino a quando le recenti trimestrali non hanno messo in luce qualche problema riguardante le prospettive di crescita.

Le azioni dei colossi tecnologici di Wall Street sono andate giù una dopo l’altra senza riuscire a trovare una fascia di prezzo su cui stabilizzarsi: è curioso come al momento fra le società a più alta capitalizzazione, ad aver contenuto le perdite entro un -30% dai massimi, siano rimaste solamente Apple e Microsoft, le due aziende che per molto tempo si sono contese in solitudine il primato nei sistemi operativi dei persona computer. Tra i titoli FAANG la maglia nera spetta senza ombra di dubbio a Netflix che, sulla scia di risultati trimestrali molto deludenti, registra in borsa perdite superiori al 70%.

Nasdaq: analogie e differenze con la bolla Dot-com

Secondo gli esperti di tradingonlinetop.com, da un punto di vista tecnico la struttura odierna del Nasdaq ricorda abbastanza quella che si era delineata dopo lo scoppio della bolla dot-com: nonostante i titoli siano diversi, in termini di business e di dimensioni, il frattale sembrerebbe sovrapponibile. Anche allora dopo un incredibile trend rialzista il paniere perse in pochi mesi il 40% della sua capitalizzazione, per poi innescare un violento rimbalzo, prima del tonfo definitivo.

Ad essere differente tra i due momenti storici, oltre alla dinamica inflattiva e la dinamica dei tassi ufficiali di riferimento, è di sicuro l’interventismo delle Banchi Centrali; non a caso è stata coniata la locuzione FED PUT, proprio per indicare le manovre accomodanti del Board in soccorso dei mercati finanziari nelle fasi di stress.