Il caso Open Arms ha visto al centro Matteo Salvini, allora ministro dell’Interno, accusato di aver impedito lo sbarco di 147 migranti soccorsi nel Mediterraneo. Dopo anni di processo, culminati nell’assoluzione definitiva della Corte di Cassazione, la vicenda ha suscitato un acceso dibattito politico e mediatico sulla gestione dei flussi migratori e sui limiti delle responsabilità ministeriali.
Il caso Open Arms e le accuse contro Salvini
Il procedimento riguardava le azioni di Salvini nell’agosto 2019, quando impedì alla nave della ONG spagnola Open Arms di attraccare a Lampedusa, trattenendo 147 migranti soccorsi in tre operazioni nel Mediterraneo. La procura di Palermo contestava i reati di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio, sostenendo che la decisione di bloccare lo sbarco configurasse una grave violazione di norme penali e internazionali.
La difesa e il tribunale di primo grado ritennero invece che non vi fossero elementi sufficienti per configurare un reato, considerando la scelta di Salvini come un atto amministrativo e politico legittimo nell’ambito delle sue funzioni ministeriali. La sentenza di Cassazione ha confermato questa valutazione, rendendo l’assoluzione definitiva e chiudendo così un procedimento che aveva attirato grande attenzione mediatica e politica, e che continua a suscitare dibattito sulle politiche migratorie e sulla responsabilità dei ministri.
Open Arms, assoluzione definitiva per Matteo Salvini: le prime reazioni
La Corte di Cassazione ha confermato l’assoluzione definitiva di Matteo Salvini, ministro dei Trasporti e leader della Lega, nel procedimento legato al caso Open Arms, respingendo il ricorso della procura di Palermo e confermando la sentenza del tribunale di dicembre 2024 che aveva stabilito l’insussistenza dei fatti contestati. Il processo, iniziato nel 2021, aveva già visto Salvini assolto in primo grado con la formula “perché il fatto non sussiste”.
La scelta della procura di impugnare direttamente la sentenza in Cassazione, evitando l’appello, è prevista dal codice di procedura penale, anche se poco comune. In Cassazione non si svolge dibattimento: i giudici esaminano esclusivamente i documenti dei processi precedenti, senza ascoltare testimoni o valutare nuove prove. Con la decisione odierna, l’assoluzione è diventata definitiva.
Le reazioni politiche all’esito del processo sono state immediate. Giulia Bongiorno, legale di Salvini, ha dichiarato:
“Il termine soddisfazione esprime quello che sento in questo momento… era totalmente fuori dal mondo il ricorso della procura, ma ciò che ci interessa è la correttezza dell’operato di Salvini”.
Il ministro ha commentato su X: “Cinque anni di processo: difendere i confini non è reato”.
Solidarietà e apprezzamento sono arrivati anche da esponenti di governo: Giorgia Meloni ha affermato che la sentenza “Conferma un principio semplice e fondamentale: un Ministro che difende i confini dell’Italia non commette un reato, ma svolge il proprio dovere”.
Antonio Tajani ha aggiunto: “Ero certo che Matteo Salvini sarebbe stato assolto in via definitiva… Ha agito nell’interesse dell’Italia, giustizia è fatta”.
Anche il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, ha salutato l’assoluzione come “Una notizia che auspicavamo e aspettavamo. Difendere i confini del Paese dall’immigrazione irregolare è un dovere e un chiaro mandato degli italiani. Bene Matteo!”
Sul fronte opposto, il fondatore di Open Arms, Oscar Camps, ha espresso critiche severe: “Non è una decisione tecnica, è una decisione politica… Non si è fatta giustizia, ma si è costruita un’impunità… Dire che non c’è reato quando un ministro blocca per giorni persone salvate in mare significa legittimare l’uso della sofferenza umana come strumento politico… La Storia giudicherà chi sta dal lato giusto”.
Il caso Open Arms rappresenta così un punto di frattura tra visioni diverse sull’azione politica e giuridica in materia di immigrazione, intrecciando questioni di diritto penale, gestione dei flussi migratori e responsabilità ministeriali.
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