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Padre insultò la figlia anoressica: condannato a 30 mesi di carcere

Condanna esemplare sul tema dell'anoressia

Padre insultò la figlia anoressica: condannato a 30 mesi di carcere: da "pesi troppo, non sei più la mia bambina" fino a "guardati, fai impressione"

È stato condannato a 30 mesi di carcere un padre di Torino che insultò la figlia anoressica con frasi orrende, maltrattandola e gettandola nel baratro di una disperazione ancora più profonda di quella che la malattia le stava già cagionando. “Sei un mostro, fai schifo“. Con queste parole citate agli atti del dibattimento in questione un 65enne torinese avrebbe apostrofato sua figlia, affetta da anoressia. E quelle frasi, unite ad una condotta che è emersa agli atti del processo arrivato a sentenza, sono andate a costituire polpa per un’indagine penale per maltrattamenti in famiglia. 

Condannato perché insultò la figlia anoressica: “Pesi troppo, non sei più la mia bambina”

Un altro esempio del florilegio di amenità che avrebbe innescato in parte quella tremenda situazione? “Pesi troppo, non sei più la mia bambina“. Ecco, con questa frase di esordio, nel 2008 e con a figlia appena 16enne, era iniziato il calvario di violenza psicologica per la parte lesa. Il corpo della ragazza aveva iniziato a subire dei mutamenti drastici, inaccettabili e fino a poco tempo prima anche solo concettualmente inconcepibili. Ma l’anoressia è capace di questo ed altro: il bisogno patologico di perdere peso aveva ridotto la ragazza ad uno scheletro di 35 chili

Padre condannato perché insultò la figlia anoressica: “Guardati, fai impressione”

E quella nuova veste, percepita come diametralmente opposta alla prima pur stigmatizzata con le offese di esordio, aveva rimesso in moto la macchina dei giudizi paterni, giudizi forti, capaci di schiantare chiunque: “Guardati, fai impressione“. Questo, secondo i media che hanno ripreso gli atti del processo, avrebbe detto l’uomo alla figlia ogni volta che lei cercava di abbracciarlo e magari di spiegarle se se era ridotta così era anche perché voleva compiacerlo.  L’imputato ha provato a spiegare a giudice e Pm che quelle parole rientravano in una precisa strategia motivazionale, ma sarebbe emerso tutt’altro quadro indiziario: l’uomo non accettava il cambiamento di cui egli stesso era stato “miccia”, al punto da “rifiutare l’intervento di medici ed esperti”. 

Quando insultò la figlia anoressica era consapevole, parola di giudice che lo ha condannato

Per questi motivi il giudice, nell’emettere una sentenza che dovrà essere motivata, ha ritenuto che l’uomo abbia agito consapevolmente nell’offendere la figlia e nel determinarne/incrementarne il comportamento autolesionistico. A far fede inoltre un pregresso per cui l’uomo avrebbe sottoposto ad abusi psicofisici anche la moglie, che aveva denunciato il coniuge. L’uomo, che era andato a vivere da alcuni mesi con la propria madre, era tornato nella casa coniugale e aveva puntato una pistola contro la moglie. Per quel reato era stato stato arrestato per porto abusivo di armi e fatto oggetto della denuncia sulla vicenda parallela delle vessazioni contro sua figlia.