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Perché l'Italia ha le mani legate con l'Iran

donna morta iran

Nel periodo gennaio-agosto 2022 ed a voler cumulare import ed export Italia ed Iran hanno sviluppato un volume di rapporti commerciali pari a circa mezzo miliardo di euro.

Nel periodo gennaio-agosto 2022 ed a voler cumulare import ed export Italia ed Iran hanno sviluppato un volume di rapporti commerciali pari a circa mezzo miliardo di euro.

A contare che mancano all’appello i dati crudi del periodo agosto-dicembre ed a buttarla in faccenda di plausibilita’, con il massimo della cautela si può tranquillamente affermare una cosa scomoda ma inoppugnabile.

Che cioè con il paese che uccide giovani donne e studenti per ridicole pelosita’ teocratiche noi abbiamo fatto 600 milioni di euro di “business” in 12 mesi, un terzo dei quali già incontrovertibilmente macchiato da una evidente escalation di barbarie che però ci ha trovati miopi.

L’Italia ha le mani legate

D’altronde c’è poco da fare: da quando nel 2016 Aiea aveva dato la stura alla fine dell’embargo per la corsa al nucleare di Teheran l’Occidente è stato costretto ad una mesta politica dei due forni. Quale?

Da un lato ignorare che l’Iran è e resta uno stato-canaglia che spara in faccia e sui genitali delle manifestanti a prescindere dalle sue skill atomiche, dall’altro sperare che dell’Iran del dopo 2016 emergesse solo il lato brutto e pasdaran ma non quello peggiore.

Con il regime post ayatollah noi abbiamo fatto un po’ come quando porti un cugino alcolista ad una festa sperando che si fermi al quinto drink e che non pesti il padrone di casa.

Insomma, come accade sempre in questi casi si trattava di traccheggiare, anche perché una delle caratteristiche dell’Ovest liberal è proprio quella di fare bisboccia con gli stessi stati di un Est di cui depreca e condanna le condotte ma non le ricchezze, il caso petrolio russo è lì a ricordarcelo.

Da un lato le regole, dall’altro le materie prime e in mezzo la terra bugia dei diritti umani.

Arriva Masha e cambia tutto

Poi però è arrivata Masha Amini che non ha messo un paio di boccoli a dimora casta nel velo e quell’altro velo, quello di ipocrisia dolosa dell’Occidente, è caduto.

Da quando Teheran è andata in upgrade di orrore ed ha innescato la ribellione più bella e sanguinosa in quanto a reazione degli ultimi 25 anni i paesi come l’Italia hanno dovuto vivere il paradosso di criticare quel che l’iran faceva giusto mentre quello che l’Iran rappresentava incombeva come un’accusa.

Accusa forte quanto vuota, a contare che i gargarismi di genuina indignazione della premier Giorgia Meloni di certo non hanno interrotto le transazioni, gli affari, i contatti.

Etica e business

Perché il dato crudo è proprio questo: fin quando le rotte dell’etica e della civiltà dovranno procedere di pari passo con quelle di opportunità e progresso le nostre saranno sempre e solo critiche in purezza dialettica, ma inutili e velate dall’imbarazzante essudato dell’ipocrisia.

L’Iran si fa beffe di quello che noi consideriamo sacro ma sa benissimo che più sacro ancora per noi è l’utile, perciò spara, arresta e carica.

Perché sa che noi abbiamo le mani legate. E che i legacci sono d’oro.