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Europee 2019, Danzì (M5s) "La Lega non avrà un grande consenso"

Mariangela Danzì, M5s

La capolista grillina "Nessuna elezione europea ha mai fatto cadere il governo italiano".

“Vogliamo un’Europa più vicina, nei tempi e nei modi, all’intervento sui bisogni delle persone” tuona così il monito di Mariangela Danzì, capolista grillina della circoscrizione per il nord ovest alle elezioni Europee del 26 maggio. Secondo la pentastellata, nel discorso politico che valica il legame del contratto di governo, la Lega non otterrà un grande successo nei consensi: sulla delicata situazione dell’esecutivo ha commentato “Nessuna elezione europea ha mai fatto cadere il governo italiano”.

L’intervista a Mariangela Danzì

Qual è la visione del M5S dell’Europa post elezioni europee?

Un’Europa più vicina, nei tempi e nei modi, all’intervento sui bisogni delle persone. Un’Europa che non fondi le sue politiche solo su manovre di tipo monetario, che non pensi solo alla concorrenza dei mercati, che abbia al centro le esigenze delle persone, dei più deboli e dei Paesi che sono più esposti alle crisi. Prima fra tutte, la crisi migratoria, che nessuno mai potrà fermare e nella quale siamo lasciati soli, spesso dagli stessi alleati di Salvini, come Orban. Mentre pensano di difendere gli interessi nazionali non si rendono conto che quell’alleato è quello che impedisce una reale ricollocazione dei migranti sul territorio europeo.

Questo momento storico è stato definito da Di Maio “Tangentopoli bis” per via di diverse inchieste aperte nel mondo della politica italiana. Grande assente al comizio-evento dei leader sovranisti, oltre a Viktor Orban (espulso dal Ppe), anche Strache, l’austriaco accusato di aver ricevuto tangenti dal Cremlino, che si vocifera stia utilizzando dei fondi neri per finanziare gli anti-europeisti alle europee. Nel Movimento qual è l’dea di Tangentopoli bis, dalla politica interna a quella estera?

L’idea è che Tangentopoli in Italia non è mai finita. Io sono siciliana, noi pensavamo che la mafia fosse un fatto contingente, che riguardasse la Sicilia. Ma come Leonardo Sciascia aveva già detto, la linea della palma sale sempre, ogni giorno. Io vorrei arrivare prima in Europa questa volta, vorrei fare una battaglia per la prevenzione della corruzione mediante una direttiva europea che, per quanto riguarda gli appalti, non si occupi solo di capire quali sono le regole per scegliere il contraente (che diventano sempre più dure e rigorose, a scapito delle nostre piccole e medie imprese). Vorrei ragionare anche sui leader delle pubbliche amministrazioni europee. Potremmo anche mutuare le regole dall’Inghilterra, che non sceglie la classe dirigente solo su base fiduciaria, ma fa selezionare i curricula delle persone, in relazione alle esigenze di quella pubblica amministrazione, da una commissione indipendente. Questa è una soluzione. Così come può esserlo quella di costruire una scuola europea della dirigenza pubblica, che potrebbe aiutarci anche per non sentire questo refrain continuo che la burocrazia europea ci ammazza. Probabilmente ci ammazza nella misura in cui molti europarlamentari in Europa non ci vanno quasi mai. Solo la delegazione del M5S è arrivata tra quelle più produttive: due volte più del Pd, tre volte più di Forza Italia e tantissime volte più della Lega. L’emergenza corruzione esiste in Italia e, come vediamo, può colpire anche altri Stati membri. Regole omogenee sulla scelta della classe dirigente per prevenire la corruzione a monte e non a valle: forse questo è il più grande servizio che possiamo fare all’Europa.

Le elezioni europee sono considerate il banco di prova delle preferenze elettorali future in questo governo. Secondo lei, quanta longevità ha ancora l’esecutivo? Nel caso di una vittoria schiacciante della Lega, come prevedono i sondaggi, cambierà qualche equilibrio anche nella politica interna?

Le elezioni europee non hanno mai fatto cadere nessun governo nella storia. Inoltre non credo che la Lega avrà questa grandissima affermazione. Se deciderà di rompere il contratto di governo, se ne assumerà la responsabilità. Chi sta facendo il tifo, si assuma le proprie responsabilità se diventeremo davvero un Paese governato da sovranisti e populisti.

Salario minimo europeo, Di Maio ne ha fatto un mantra. Secondo lei, quali sono i precetti da portare in Europa per attuarlo e in che modo si può arrivare a una procedura comune a tutti gli standard europei?

Ci piace molto che il salario minimo europeo sia stato copiato anche dal Pd, insieme al sussidio di disoccupazione europeo. Stranamente il Pd ritiene che sia poco opportuno che noi facciamo il reddito di cittadinanza, in una dissociazione che non riesco a comprendere. Noi però crediamo che la nostra collocazione e il fatto che costituiremo un gruppo autonomo che si collocherà al centro del Parlamento potrà essere determinante, perché il salario minimo non deve essere applicato solo per rendere più dignitosa la vita e il lavoro delle persone. Il fatto che non ci sia ancora in Europa sta distruggendo anche le nostre piccole e medie imprese, perché produce il cosiddetto fenomeno di “dumping salariale” che porta alla delocalizzazione. Bisogna giocare sulle alleanze giuste, perché alcuni Paesi (pensiamo alla Romania e ad altri dell’est Europa) su queste materie spesso fanno muro. Il fatto che ci siamo noi, e ci auguriamo che il Pd tenga su questo, sarà la strategia vincente per avere un’Europa più sociale e per tutelare le nostre imprese.