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Turchia, Erdogan: lunedì il giuramento, poi i pieni poteri

Erdogan

Lunedì 9 luglio 2018 Erdogan giurerà come presidente della Turchia e presenterà il nuovo governo. Da quel momento, avrà in mano il potere esecutivo.

Tutto è ormai pronto per il giuramento di Recep Tayyip Erdogan. Il presidente della Turchia inizierà infatti il suo secondo mandato lunedì 9 luglio 2019, ma con tutt’altro potere rispetto alla scorsa legislatura. La riforma costituzionale, infatti, permetterà ad Erdogan di avere in mano il potere esecutivo ed il controllo degli organi giudiziari. Di fatto, quindi, il Parlamento turco viene esautorato da tutte le sue principali funzioni.

Il giuramento di Edogan

E’ in programma lunedì 9 luglio 2018 il giuramento di Recep Tayyip Erdogan, che ha fine giugno è stato rieletto presidente della Turchia con il 52,6% delle preferenze. Questo per Erdogan è il suo secondo mandato come presidente, ma stavolta il nuovo sistema costituzionale gli permetterà di avere molti più poteri rispetto a prima. Lunedì, infatti, il Sultano (come viene chiamato in maniera dispregiativa in Occidente e non solo), presenterà il nuovo governo in Parlamento, pare dinanzi ad oltre 3mila ospiti tra cui otto capi Stato stranieri.

L’approvazione della riforma costituzionale turca, infatti, abolisce il ruolo di primo ministro (carica oltretutto ricoperta da Erdogan per ben tre volte), consegnando tutto il potere esecutivo al presidente del Paese. Sarà quindi il rais turco a nominare direttamente i ministri. La riforma è stata fortemente criticata dalle opposizioni perché, in linea teorica, permette al presidente della Turchia di governare anche da solo tramite decreto legge. In questa maniera, il ruolo del Parlamento viene pesantemente indebolito.

La riforma costituzionale

Fino alla riforma costituzionale, la Turchia aveva un sistema politico di tipo parlamentare, simile a quello italiano. Era il Parlamento ad avere il potere esecutivo e a votare la fiducia al governo. Le elezioni si tenevano ogni quattro anni ed il presidente della Repubblica, almeno in linea teorica, aveva solo un ruolo super partes, di garanzia.

Fin dall’elezione di Recep Tayyip Erdogan a capo dello Stato, però, l’asse del potere si è cominciato a spostare sul palazzo presidenziale. La prima importante mossa è stata l’allontanamento nel maggio 2016 dell’ex primo ministro turco Ahmet Davutoglu, politico di area moderata che manteneva saldi i rapporti con tutti gli altri leader europei.

La vera svolta è arrivata però con l’approvazione della riforma costituzionale, che ha trasformato la Turchia in un sistema presidenziale. Oltre all’abolizione della carica del primo ministro, la nuova legge permetterà al presidente di tenere praticamente sotto controllo politico tutti i principali organi giudiziari. Secondo Erdogan, infatti, il sistema giudiziario turco era troppo influenzato da Fethullah Gülen (e quindi di conseguenza dagli Stati Uniti), accusato di aver organizzato il tentato colpo di Stato avvenuto nel luglio 2018.

Il referendum

La riforma costituzionale è stata votata domenica 16 aprile 2017 attraverso un referendum popolare. L’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) ha però denunciato che il referendum turco non avrebbe rispettato gli standard internazionali richiesti per una votazione corretta.

Il Consiglio Elettorale Supremo, per esempio, ha ritenuto valide anche tutte le schede senza il timbro di convalida del seggio, il che può aver reso facili i brogli. Secondo il Partito Popolare Repubblicano (CHP) questo tipo di schede sarebbero state addirittura 1,5 milioni. Visto che la riforma è passata con appena il 51,4 per cento delle preferenze, i dubbi sulla correttezza del voto paiono in effetti più che fondati.