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Due cittadini italiani trattenuti negli USA nel centro migranti “Alligator Alcatraz”: chi sono

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Due italiani detenuti nel centro Alligator Alcatraz in Florida: violazioni migratorie e situazione difficile. Il caso scuote gli USA, interviene la Farnesina. Coinvolto anche il consolato italiano.

Due cittadini italiani sono finiti in un centro di detenzione migranti in Florida negli Usa. La Farnesina conferma. Ma il caso è tutt’altro che chiuso.

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Si chiama Alligator Alcatraz. Nome inquietante, e non per caso. Costruito nel fango, tra rettili e filo spinato, è il nuovo simbolo della stretta sull’immigrazione negli Usa.

Lì dentro, oggi, ci sono anche due italiani: Fernando Artese, 63 anni, e Gaetano Mirabella Costa, 45. Il primo, italo-argentino, era stato fermato il 3 luglio per una banale infrazione stradale. Viaggiava in camper con la moglie verso l’Argentina. Niente permesso in regola. Detenzione immediata.

Poi c’è Mirabella Costa. Aveva scontato sei mesi per droga e aggressione, ma il 9 luglio è stato trasferito ad Alligator Alcatraz. Destinazione finale: deportazione in Italia.

La moglie di Artese racconta condizioni disumane. Gabbie sovraffollate, detenuti costretti a tenere le mani dietro la testa per mangiare. Un pollaio. Parole sue.

Le autorità italiane dicono di seguire il caso, Trump sorride. Ha visitato il centro e dicono abbia scherzato: “Se vogliono scappare, dovranno correre a zigzag tra gli alligatori”.

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Due uomini, due storie diverse. Un punto in comune: oggi vivono dietro il filo spinato di una prigione per migranti nel cuore selvaggio della Florida. Alligator Alcatraz. Un nome grottesco, quasi da film, ma reale come il cemento delle celle dove si trovano Gaetano Cateno Mirabella Costa e Fernando Eduardo Artese. Il primo è nato a Taormina, 45 anni e un passato agitato negli Stati Uniti. Farmaci illegali, un’aggressione, l’arresto, poi il carcere. Ora l’espulsione. Poi c’è Artese. Sessantatré anni, nato in Argentina, ma anche italiano. Viveva in Usa da anni con la sua famiglia, senza problemi apparenti. Poi un controllo. Un vecchio mandato per guida senza patente mai risolto. Boom. Fermo. Affidato all’ICE. E spedito anche lui lì, nella stessa palude, con coccodrilli veri attorno. Nessuno dei due è ancora tornato in Italia. Le autorità monitorano, dicono. Loro intanto aspettano. Parlano di cibo scarso, paura, isolamento. Sono due italiani che, per motivi diversi, si sono trovati dall’altra parte. Della legge, del muro, del mondo.