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Aerei russi vicino all'Alaska: la risposta di Usa e Canada: F-16 in volo per l’intercettazione

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Tensione nei cieli del Nord: intercettati aerei russi nei cieli dell'Alaska da caccia F-16 americani e canadesi, nessuna violazione dei confini ma cresce la preoccupazione per le continue incursioni.

Ancora tensione nei cieli. E non è la prima volta.

Aerei russi in Alaska, Norad in allerta

Il Comando di difesa aerospaziale del Nord America, il Norad, ha confermato tutto: due aerei bombardieri strategici russi Tu-95 e due aerei caccia Su-35 intercettati nella zona di identificazione della difesa aerea dell’Alaska. Era pieno giorno, un martedì di settembre, cielo limpido e vento forte.

Eppure, dicono, nessuna violazione.

Il portavoce del Norad, il maggiore Cameron Hillier, intervistato da CBS News, ha parlato di «operazioni di routine». Come se la parola routine cancellasse l’immagine di quei jet a pochi minuti dalle coste americane. «Non hanno mai attraversato i nostri confini. Né quelli canadesi», ha ribadito più volte. Sembrava quasi stanco.

Sul posto si sono mossi in fretta: un aereo radar E-3, quattro caccia F-16 e quattro rifornitori KC-135. Mezzi pesanti. Per un’operazione che, sulla carta, non doveva spaventare nessuno. Ma che di fatto riaccende vecchi fantasmi.

Perché i precedenti non mancano. Agosto 2025, stessi cieli, stessi aerei russi. Ancora prima, nel settembre 2024, il Norad pubblica un video: un caccia russo a pochi piedi da un jet Usa, in volo sull’Alaska. «Non sicuro, non professionale e pericoloso», disse allora un ufficiale americano alla CNN. Sembrava un avvertimento. Forse lo era.

E il Norad, nel suo comunicato ufficiale di ieri, ha ripetuto la solita frase: «La zona di identificazione della difesa aerea è spazio internazionale. Serve a garantire sicurezza, richiede identificazione obbligatoria di tutti i velivoli». Parole tecniche. Che però non cancellano il fatto che i russi, là fuori, ci tornano spesso. Forse troppo.

Aerei russi in Alaska e droni in Danimarca, un filo rosso?

Intanto, lontano dall’Alaska, altri cieli hanno fatto parlare. Mercoledì 24 settembre 2025, Danimarca, aeroporto di Billund. Ore 19. Segnalazioni di droni. Non uno. Diversi. «Altri avvistamenti alle 22, negli scali di Esbjerg, Soenderborg e Skrydstrup», ha detto la polizia locale all’emittente DR Nyheder.

Non è stato possibile abbatterli, né individuare gli operatori. Mistero. Ma il ministro della Difesa Troels Lund Poulsen, intervistato da TV2, ha parlato di «attacco sistematico, ibrido». Ha anche precisato: «Non abbiamo prove che ci sia la Russia dietro». Ma il dubbio rimane. Troppo professionale, troppo coordinato per essere casuale.

In mezzo, le domande. Perché ora? Perché in Danimarca, un Paese che di solito non finisce nei notiziari militari? E soprattutto: c’è un collegamento con i voli russi sopra l’Alaska?

Al Pentagono, ufficialmente, nessun commento. Off the record, però, un analista della difesa – lo chiameremo John, non ha voluto il cognome sui giornali – ha detto a Politico: «La Russia testa sempre i tempi di reazione. È il loro modo di dire: ci siamo anche noi».

Forse è tutto qui. Un messaggio in codice, a colpi di Tu-95 e droni senza nome.

E così, tra cieli artici e scali europei, la tensione resta sospesa. Come quei bombardieri russi, immobili sulle mappe radar. A pochi minuti da casa d’altri.