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Aggredita in casa da uno sconosciuto: la testimonianza della dottoressa di Milano

Forze dell'ordine

La testimonianza dalla donna 43enne aggredita lo scorso 10 maggio nella sua casa di Milano da uno sconosciuto: "Non voleva rubare niente, voleva solo farmi del male"

«O muoio o mi libero. Lui voleva solo violentarmi, farmi del male». Parole strazianti quelle riportate dalla donna 43enne aggredita lo scorso 10 maggio nella sua casa di Milano da uno sconosciuto. Ecco la testimonianza alla trasmissione di Rai 2 La vita in diretta.

Si era chiuso in casa con lei

L’aggressione è avvenuta intorno all’ora di pranzo in un’abitazione di via Washington, strada semi centrale della città di Milano. La donna è una dottoressa e stava rincasando da lavoro. Solo di passaggio a casa però, non aveva chiuso la porta a chiave. Ed è stato questo il dettaglio sfruttato dall’aggressore per insinuarsi all’interno dell’appartamento. «Grugniva, non parlava. Ma non voleva rubare niente, voleva solo farmi del male. Picchiava e basta» ha raccontato la donna. «A un certo punto ho reagito, gli ho dato un calcio. Mi tremava il cuore, sono corsa verso il portone di casa. L’aveva chiuso a chiave, mi aveva segregata dentro per poter fare quello che voleva» ha aggiunto. L’aggressore è un cittadino americano (incensurato) di 29 anni ed è accusato di tentata violenza sessuale oltre che di essersi introdotto all’interno della sua abitazione. il giovane sarebbe arrivato in Italia da Los Angeles per un viaggio insieme ad alcuni amici e per partecipare al matrimonio di parenti nella Capitale. Nei giorni scorsi si erano perse le sue tracce. Fino a mercoledì scorso, quando è stato arrestato dai carabinieri a Milano (aveva dichiarato di essere un gambiano di 23anni).

L’ipotesi di problemi psichici

A salvarla dal tentato stupro è stato un vicino 94enne, di cui la dottoressa, con il volto coperto di sangue, aveva attirato l’attenzione: «Ho sentito gridare la signora, sono uscito e l’ho vista seduta per terra con la faccia insanguinata che ripeteva: ‘È ancora dentro, è ancora dentro’». A quel punto l’uomo è tornato nel suo appartamento, ha preso la pistola scacciacani e l’ha puntata addosso all’aggressore, tenendolo sotto tiro fino all’arrivo dei carabinieri. Secondo il suo avvocato difensore, il giovane aggressore soffrirebbe da tempo di problemi psichiatrici: davanti al giudice, in inglese, avrebbe dichiarato infatti di essersi introdotto nell’appartamento di via Washington pensando «fosse la stazione dei treni».