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Caso Bicocca: prendiamocela con i russi giusti, altrimenti la guerra ci resterà dentro e prima o poi tornerà

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L’università Bicocca di Milano ha deciso di restituire al professor Paolo Nori il corso su Dostoevskij, ma rimane ancora il sapore amaro in bocca.

Sì, però prendiamocela con i russi giusti, anzi, con il russo giusto nel nostro sacro furore iconoclasta con il quale dobbiamo certissimamente dimostrare che Vladimir Putin è una canaglia che sta conducendo il gioco delle canaglie. Perciò lasciamo stare gente come Fedor Dostoevskij che con Putin c’entra più o meno come Trump ha a che fare con Herman Melville. Facciamolo non più di quanto non avremmo chiesto, con ragioni sacrosante, ai nostri sanzionatori durante la guerra di Etiopia di non togliere Cicerone dagli scaffali di Harward.

Insomma, il senso della misura dovrebbe essere la prima cosa da recuperare quando nel mondo ci va ad abitare la cosa meno misurata del mondo, cioè la guerra. Perciò ci arriva gradita la notizia per cui l’università Bicocca di Milano ha deciso di restituire al professor Paolo Nori il corso su Dostoevskij. Un po’ meno grato ci rimane ancora il saporino in bocca del fatto per cui se l’ateneo ha fatto retromarcia è stato solo perché la faccenda è diventata appannaggio dei social con lo sfogo su Instagram del docente a cui avevano messo all’Indice Fedor suo, Fedor nostro, Fedor di tutti.

Antefatto: per evitare fraintendimenti in un momento di “forte tensione” i vertici della Bicocca comunicano che il corso su Fedor Dostoevskij è sospeso. Il sunto è: se tutto il mondo sanziona la Russia allora facciamo capire all’universo mondo è in endorsement concettuale con le velleità sanzionatorie dell’Occidente. Perciò via l’insalata russa dalla mensa, voti bassi a chi va sulle montagne russe con la morosa e giacché ci siamo via la borsa di studio anche a chi la notte russa, hai visto mai non si capisse bene che siamo in pieno endorsement con il Corso della Storia.

E a proposto, quel tipo là, quello che ha scritto L’Idiota (vedi?), per un po’ teniamolo fuori dal giro che tira una brutta aria per matrioske, balalaike e samovar. Ecco, anche a fare la tara alla retromarcia dell’università con annesso “malinteso” il dato resta. Ed è quello per cui nei momenti cruciali il cui il mondo doveva abbandonare di corsa approssimazione e generalizzazione perché è in atto una guerra che neanche moltissimi russi di oggi vogliono, la Bicocca, non la Pro Loco di Spilimbergo, la BI-COC-CA, aveva tirato in ballo un russo di ieri l’altro.

Russo che ha il solo torto di essere un gigante della letteratura mondiale e di essere morto nella stessa città del leader più pericoloso del momento. Un po’ poco, ci pare, come invece è stato troppo costringere un docente, non un incursore della marina di Maripol, a denunciare piangendo lo scippo subito del bellissimo dovere dell’insegnamento di cose alte. Cose che a volte le guerre le hanno impedite e che altre volte le hanno raccontate così bene da far capire quanto la guerra sia una cosa profondamente cretina, ma che forse è ancora più cretino mettere in galera i libri per condannarle. Perché le guerre, se non te la prendi con i guerrafondai giusti, poi ti restano dentro e prima o poi torneranno sempre a far piangere i bambini addosso alle madri morte.