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Costringe la compagna a tatuarsi il suo nome sul viso: condannato a 6 anni

Costringe la sua compagna a tatuarsi il suo nome

La convivenza, la prima denuncia e poi l'orribile verità su una coppia di Velletri: lui costringeva la sua compagna a tatuarsi il suo nome sul viso

Orrore a Velletri, in provincia di Roma, dove un 41enne costringe la compagna a tatuarsi il suo nome sul viso ed è stato condannato in via definitiva a 6 anni di carcere. La Cassazione respinge il ricorso dell’imputato e conferma la bontà dell’accusa per maltrattamenti in famiglia e con essa la pena a sei anni e otto mesi di reclusione. Repubblica spiega che i due protagonisti della vicenda giudiziaria  si erano conosciuti sui social network ed avevano avviato una convivenza

La costringe a tatuarsi il suo nome sul viso

E proprio su quel periodo i giudici con la toga di ermellino si sono concentrati nel respingere il ricorso: per loro si poteva parlare di maltrattamenti in famiglia perché si era si trattato di un periodo breve, ma da considerarsi “intenso e stabile”. Insomma, c’era una famiglia nell’ambito del quale la condotta dell’imputato è stata giustamente profilata come maltrattamenti. E la violenza esplodeva anche in pubblico, con interventi delle forze dell’ordine e con una denuncia del 2019 in cui si raccontava che il futuro indagato aveva costretto la vittima a tatuarsi il suo nome sul viso, lasciandole il segno permanente

Lo sfregio, la denuncia e i gradi di giudizio

Ha scritto la Cassazione in dispositivo: “In particolare il reato di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso sarebbe stato commesso inducendo in errore l’esecutore materiale di alcuni tatuaggi impressi al volto della vittima, circa la sussistenza del consenso di quest’ultima“. Dopo una condanna con abbreviato davanti al Gup l’indagato aveva fatto ricorso in Appello a Roma ma alla fine la  Suprema Corte ha spiegato: “Tra i due emerge un rapporto che, pur non essendo durato a lungo, è stato intenso e stabile e che la coppia progettava di prolungare la vita in comune: è quindi configurabile il reato di maltrattamenti in famiglia anche in presenza di un rapporto di convivenza di breve durata, instabile e anomalo, purché sia sorta una prospettiva di stabilità e una attesa di reciproca solidarietà“.