> > Papà uccidi il mostro dell'Ilva: Taranto continua la sua battaglia

Papà uccidi il mostro dell'Ilva: Taranto continua la sua battaglia

taranto-ilva-disegno-bambino-morto

Il disegno di un bambino è rimbalzato sul web, riaprendo il dibattito sull'emergenza ambientale e sanitaria nella città di Taranto.

Federico è morto a soli nove anni a causa di un neuroblastoma. Una patologia connessa all’inquinamento da diossina sprigionato dalle ciminiere dell’ex Ilva. Della sua battaglia contro la malattia ora rimane solo quel disegno di ciminiere fumanti e quella frase, diventata il simbolo della lotta di tutta la città di Taranto: “Papà uccidi il mostro“. Oggi, a 5 anni dalla morte del piccolo Federico, la minaccia non può ancora definirsi debellata. Controlli effettuati dall’Arpa nel capoluogo pugliese parlano di un’emergenza ambientale e sanitaria più presente che mai.

Scuole chiuse: le proteste

I dati pubblicati dall’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, hanno certificato un aumento esponenziale della diossina a Taranto provocata dall’attività industriale e legata soprattutto all’ex Ilva, oggi Arcelor-Mittal. In un anno, il valore della sostanza sarebbe aumentato del 916%, avvicinandosi pericolosamente agli 8 piccogrammi del 2009. Moltissimi i genitori che hanno sfilato per ricordare le vittime del disastro ambientale e in protesta alla decisione del sindaco Rinaldo Melucci di chiudere le scuole De Carolis e Deledda nel quartiere di Tamburi, a ridosso dell’imponente complesso industriale. Una decisione che i genitori definiscono “Tardiva, inefficace e non risolutiva”. Come spiegato dai cittadini in una nota, “Dati scientifici confermano che l’allarme – diossina ndr – sussiste anche per i quartieri a nord” della città. Al grido di “Vi chiudiamo noi” la comunità intera chiede ora risposte concrete, nonché la convocazione di un consiglio comunale monotematico dedicato alla Salute e all’Ambiente.

Le due scuole vicino alle collinette

Qualche mese fa i carabinieri del Noe di Taranto sequestravano le collinette ecologiche, costruite intorno agli anni 70 al confine nord dello stabilimento, proprio a ridosso del quartiere di Tamburi e gestite per anni da Ilva. Un totale di 530.000 metri quadrati di terreno posti a barriera tra la zona industriale e le case del rione. Quelle collinette avrebbero dovuto mitigare gli effetti dell’inquinamento ma sono invece negli anni diventate una discarica di rifiuti pericolosi. Intanto, mentre i comitati cittadini e le associazioni di Taranto ne chiedono a gran voce le dimissioni, il ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha dato mandato ad Ispra di verificare i dati diffusi da Arpa.