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Caso Yara, la lettera di Bossetti: "Non mi permettono di difendermi"

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Massimo Bossetti è stato condannato per la morte di Yara Gambirasio e ha deciso di esprimere tutta la sua rabbia in una lettera.

Quel Dna non è mio. Non mi permettono di difendermi indagando sui reperti” sono le parole di Massimo Bossetti in una lettera inviata dal carcere al direttore di Libero, Vittorio Feltri. Il muratore di Mapello, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio, ha deciso di gridare la sua rabbia dopo il no della Procura di Bergamo a esami condotti dalla difesa sui campioni biologici dai quali è stato estratto il Dna attribuito a Bossetti: “I miei figli hanno bisogno di un padre“.

Caso Yara: la lettera di Bossetti

La procura di Bergamo si è pronunciata e Massimo Bossetti ha voluto esprimere tutta la sua rabbia. Pochi giorni fa, infatti, il legale di Bossetti aveva dato notizia del sì della Corte a nuovi accertamenti. Tuttavia, al diffondersi della notizia, la Procura di Bergamo ha ritrattato facendo dietrofront. Per spiegare le sue ragioni, il muratore ha deciso di scrivere una lettera a Vittorio Feltri: “Gentile direttore le chiedo gentilmente di non tralasciare nulla di quanto continuo a dover subire dalla giustizia italiana. Com’è possibile che venga trasmessa alla mia difesa l’autorizzazione da parte della Corte di poter accedere ai reperti, a indagare sui reperti del Dna ancora disponibili, a esaminarli con i miei consulenti, conservandoli per i futuri esami e dopo 48 ore la procura mi nega di fare ulteriori accertamenti e le dovute indagini sui reperti consentiti“.

“I miei figli soffrono”

Lo sfogo di Massimo Bossetti ha il suo fulcro nell’impossibilità di difendersi: “Tutto questo è scandaloso. Mi chiedo come posso difendermi nel provare la mia estraneità, se non mi permettono di difendermi a dover indagando sui reperti nell’accertare l’assoluta granitica certezza, che quel Dna non mi appartiene. I miei figli soffrono e hanno bisogno del loro padre“.