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Napoli, neonato ustionato: recuperate schede del 118, il padre si era finto medico

118

Continuano le indagini sul caso del neonato ustionato a Napoli: dall’analisi delle schede del 118, è emerso che il padre del bimbo si fosse finto medico.

Nel corso delle indagini svolte dalle forze dell’ordine sul neonato di Portici, in provincia di Napoli, ricoverato con ustioni chimiche in prognosi riservata al Santobono, sono emersi nuovi dati relativi alla vicenda, recuperati tramite l’analisi delle schede del 118.

Neonato ustionato: recuperate schede del 118, il padre si era finto medico

Concetto Bocchetti, 46 anni, e Alessandra Terracciano, 36 anni, genitori del piccolo Vincenzo, sono stati entrambi arrestati: l’uomo si trova presso il carcere di Poggioreale mentre la donna, affetta da disturbi psichiatrici, è stata trasferita nel reparto di Psichiatria dell’Ospedale del Mare.

In relazione alla drammatica vicenda che ha portato alla scoperta di ustioni chimiche sul neonato, attualmente ricoverato in prognosi riservata nel reparto di Terapia Intensiva Neonatale del Santobono e sottoposto a una seconda operazione chirurgica nella giornata di giovedì 18 marzo, la consultazione delle schede del 118 da parte degli inquirenti ha reso possibile scoprire alcuni importanti dettagli.

Il parto in casa, avvenuto venerdì 12 marzo, era stato comunicato al 118 ma, una volta giunti presso l’abitazione sita in via Diaz, i soccorritori erano stati allontanati da Concetto Bocchetti che aveva dichiarato di essere un medico del Policlinicoe di aver già contattato un collega a cui far visitare il piccolo appena nato. A quel punto, quindi, il 118 aveva lasciato l’appartamento, non dando seguito alla vicenda fino alla nuova segnalazione pervenuta nei giorni scorsi.

La testimonianza del responsabile del 118 Salvatore Criscuolo

A proposito dell’intervento dell’ambulanza, si è espresso Salvatore Criscuolo, responsabile della centrale operativa 118 dell’Asl Napoli 3, che ha spiegato:

Il 12 marzo ci ha chiamato un uomo da un cellulare, dicendo che la moglie aveva partorito in casa. Abbiamo inviato un’ambulanza medicalizzata. Il parto era già avvenuto, il bambino non presentava lesioni e la madre stava bene. Avevamo proposto il ricovero, avevamo anche trovato un posto in Terapia Intensiva Neonatale, ma i genitori hanno rifiutato. Sulla scheda hanno fatto scrivere che non volevano per motivi religiosi. Sembra poi che il marito si sia spacciato per medico del Policlinico e abbia detto che avrebbe pensato lui al controllo.

Il 16 marzo hanno richiamato il 118: c’erano anche i carabinieri sul posto quando l’ambulanza è arrivata. Il secondo medico ha trovato la mamma in agitazione ed è stata portata all’Ospedale del Mare. Il bambino era freddo, cianotico, presentava delle lesioni sanguinanti alla cute su tutto il corpo ed è stato subito portato al Santobono. Si deve capire cosa è successo in quei quattro giorni, perché il bimbo all’inizio stava bene, era vitale, non presentava problemi. Noi non conoscevamo i precedenti, non sapevamo che la donna fosse paziente psichiatrica. Il parto in casa è una possibilità consentita dalla legge. Nel momento in cui non ravvisiamo possibili reati e vediamo che madre e figlio stanno bene, non possiamo obbligare al ricovero né avvisare le forze dell’ordine. È una situazione che ci capita spesso, specialmente in caso di immigrati. Noi siamo tenuti soltanto a registrare le nascite al Comune, così come a certificare i decessi, ma non possiamo obbligare al ricovero. I carabinieri fanno bene ad indagare ma resto convinto della correttezza dell’operato dell’equipaggio.