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Decreto Dignità: M5S vota contro reintroduzione articolo 18

articolo 18

Il M5S boccia un emendamento al decreto Dignità sulla reintroduzione dell'articolo 18. Il PD dice che Luigi di Maio ha mentito agli italiani.

Il MoVimento 5 Stelle, assieme alla Lega, boccia un emendamento al decreto Dignità presentato da Liberi e Uguali che puntava a reintrodurre l’articolo 18. Roberto Speranza parla della “Waterloo dei 5 Stelle” mentre Renata Polverini spiega che Forza Italia ha deciso di astenersi per rendere chiara a tutti che quella dei grillini sul lavoro è solo “propaganda”. Soddisfazione dal PD, che evidenzia come il M5S non abbia in realtà nessuna intenzione di cambiare il Jobs Act come dichiarato invece in campagna elettorale. Bocciato infine anche un emendamento sul reddito di cittadinanza.

M5S contro l’articolo 18

“Dalla Waterloo del Jobs Act alla Waterloo dei 5 Stelle. Avevano promesso in campagna elettorale di rimettere l’articolo 18 e cancellare il Jobs Act. Invece votano in aula contro l’emendamento Epifani che avrebbe ripristinato l’articolo 18” commenta laconico su Facebook Roberto Speranza. Liberi e Uguali, infatti, aveva presentato un emendamento al decreto Dignità per reintrodurre nuovamente l’articolo 18, quello che tutela il lavoratore dopo un licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo.

Prima del voto alla Camera, Speranza si era rivolto direttamente a Luigi Di Maio perché, dice, gli avrebbe fatto piacere avere una “sua opinione perché ricordo con molta chiarezza – sottolinea l’esponente di LeU – le parole della campagna elettorale quando si diceva che uno dei primi provvedimenti del futuro Governo a cinque stelle sarebbe stato cancellare il Jobs Act e ripristinare l’articolo 18″.

“Su questo tema sono stati presi i voti. – rammenta – Quando questo provvedimento è stato annunciato, da sinistra in tanti sia nelle forze politiche che nelle forze sociali hanno dato segnali di attenzione e addirittura è stato detto: ‘Sarà la Waterloo del Jobs Act’” . “Bene, Ministro, questa è la grande occasione, dica al gruppo del MoVimento 5 Stelle di votare a favore di questo emendamento e sarà davvero la Waterloo del Jobs Act , altrimenti difendete le politiche fatte da Renzi in questi anni” esortava quindi Roberto Speranza. Invece, nella votazione di ieri, mercoledì 1 agosto 2018, l’emendamento è stato bocciato. A votare a favore solo i 13 deputati di Liberi e Uguali a fronte dei 317 contrari e dei 191 astenuti.

Forza Italia: da Di Maio solo propaganda

Tra gli astenuti i parlamentari di Forza Italia. A spiegare il perché di tale decisione ci ha pensato l’ex sindacalista Renata Polverini, intervenuta in Aula. “Abbiamo deciso di cambiare il nostro voto perché, al di là del merito, vogliamo ricordare che il MoVimento 5 Stelle ha fatto, nella scorsa legislatura, in Commissione e in Aula, una battaglia fortissima contro le modifiche apportate all’articolo 18 dal Governo Renzi nella legge delega denominata Jobs Act e ne ha fatto un baluardo nella campagna elettorale, quando lo stesso ministro Di Maio parlava di precarietà rivolto in particolare alle giovani generazioni” sottolinea la deputata azzurra.

“Ecco allora noi non ci stiamo a coprire con un nostro voto contrario la propaganda del ministro, dei sottosegretari, dei relatori di questo provvedimento” chiarisce. “Se questo provvedimento si chiama dignità, se il Ministro Di Maio è così convinto che, come ha detto in campagna elettorale, la reintroduzione dell’articolo 18 è l’unico elemento garante di un rapporto di lavoro sicuro, allora lo voti, si assuma la responsabilità di votarlo” dichiara Polverini.

“Altrimenti chiedo all’Aula di lasciare esprimere con un voto contrario soltanto il MoVimento 5 Stelle, perché si abbia la plastica rappresentazione di quello che è il comportamento tra quando si fa propaganda in campagna elettorale e quando poi ci si assume la responsabilità di varare provvedimenti in quest’Aula” precisa infine.

M5S non cambia Jobs Act

Soddisfazione ovviamente da parte del PD, che prende la palla al balzo per attaccare il M5S. “Il Partito Democratico prende atto che queste due pagine del decreto sono la fotografia plastica del fatto che il MoVimento 5 Stelle, e aggiungo anche la Lega, non cambiano assolutamente il Jobs Act , che rimane esattamente quello che è stato approvato dal Governo Renzi e poi portato avanti dal Governo Gentiloni” evidenzia infatti Debora Serracchiani.

“Non lo cambiate, lo lasciate esattamente come era, dopo che avete fatto un’intera campagna elettorale dove ci avete raccontato, e soprattutto avete raccontato alle lavoratrici e ai lavoratori italiani, che avreste reinserito l’articolo 18, che avreste drasticamente cambiato, anzi se non ricordo male, abolito il Jobs Act perché era stato dannoso e non aveva creato posti di lavoro, non aveva dato certezze all’economia italiana, non aveva dato garanzie agli imprenditori” osserva l’esponente dem.

Serracchini anzi mette in evidenza come nel decreto Dignità “nell’unico articolo in cui riducete il costo del lavoro, e lo fate con la decontribuzione, parlate espressamente dei contratti di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti che sono quelle del Partito Democratico, quelle inserite nel Jobs Act”. “Voi il Jobs Act non avete nessuna intenzione di toccarlo – chiarisce quindi la deputata. – Quindi prendete atto che avete mentito agli italiani raccontando loro che avreste cambiato drasticamente il Jobs Act perché non l’avete fatto”.

Luigi Di Maio tace

Sul fronte grillino tutto infatti tace. Su Facebook Luigi Di Maio si limita infatti a dichiarare che “nelle commissioni parlamentari abbiamo migliorato ancora il decreto Dignità, potenziando sia la lotta al precariato che il contrasto all’azzardo e la semplificazione fiscale”. “Ci avevano sempre detto che non era possibile aumentare i diritti, e che anzi bisognava tagliarli per tornare a crescere. – aggiunge – La crescita non è arrivata, ma solo il record di contratti a termine e del precariato. Ora noi stiamo cambiando passo, tutelando il lavoro dagli abusi e le imprese dalla concorrenza sleale di chi prende i soldi pubblici e poi scappa in altri Paesi”. Sull’articolo 18, però, nemmeno una parola.

Le reazioni del PD

“Fa piacere vedere che il super ministro Di Maio, dopo aver annunciato un ‘colpo mortale al Jobs Act’, si renda conto della bontà del provvedimento e torni sui suoi passi” commenta anche Alessia Rotta, vicepresidente vicaria dei deputati del Partito Democratico, commentando la bocciatura alla Camera all’emendamento al decreto Dignità che chiedeva il ripristino dell’articolo 18.

“Il 2 dicembre dello scorso anno diceva ‘Noi il Jobs Act lo vogliamo abolire’ e ancora ‘Vogliamo ripristinare l’articolo 18’. – ricorda – Ma oggi, nel suo decreto, – spiega – nessuno della maggioranza ha votato il ripristino”.

“Evidentemente la cancellazione del Job Act e la reintroduzione dell’articolo 18 sono state solo parole da campagna elettorale per il vicepremier Di Maio. – la parlamentare dem – Una campagna giocata sulla presa in giro degli italiani”.

Bocciato anche il reddito di cittadinanza

“Siamo alle comiche finali. La maggioranza e il Governo hanno bocciato il nostro emendamento che provocatoriamente introduceva il reddito di cittadinanza, ovvero lo storico cavallo di battaglia del M5S” rivelano Nino Germanà e Stefania Prestigiacomo, deputati di Forza Italia. “Con non poco imbarazzo del Governo e della maggioranza, hanno implicitamente ammesso che il loro reddito di cittadinanza appartiene al libro dei sogni” sottolineano.

“Il Presidente roberto Fico prima ha sostenuto l’inammissibilità perché l’emendamento non è stato presentato in Commissione, regola che vale solo per i provvedimenti collegati alla manovra di bilancio; poi ha aggiunto che l’incompatibilità deriva dall’estraneità di materia, dimenticando che sono soprattutto le politiche attive del lavoro quelle che garantiscono la dignità dei lavoratori” viene spiegato in una nota dai due esponenti azzurri.

“Infine, – aggiungono – si è accennata a una presunta mancanza di copertura, che non è necessaria per i provvedimenti non collegati alla legge di Bilancio”. “Il fatto grave è che la copertura, comunque presentata, è identica a quella indicata da M5S. – viene specificato – Se dicono ciò ammettono che il provvedimento è irrealizzabile”. Inoltre “si è parlato di assenza di relazione tecnica, indicata come causa di inammissibilità, come se fosse un disegno di legge e non un emendamento” evidenziano i due parlamentari.

“Insomma, pur di non doversi confrontare con la Lega al momento del voto il Movimento degli onesti ha chiesto al presidente Fico di tutelare il suo partito coprendo le frottole raccontate agli elettori in campagna elettorale. – denunciano – Per riuscirci non ha garantito imparzialità di giudizio”. C’era da aspettarselo, – concludono – per il M5S la campagna elettorale è finita. Come disse Giolitti ‘Il miglior sedativo per le smanie rivoluzionarie consiste in una poltrona ministeriale, che trasforma un insorto in un burocrate'”.

Due cavalli di battaglia abbattuti

“Da due giorni siamo impegnati in aula alla Camera sul decreto ‘Di Maio’. Ci sono due fatti passati sotto traccia, ma che ritengo di notevole rilevanza politica” scrive infatti su Facebook Marco Di Maio, deputato del Partito democratico, a proposito del decreto Dignità.

“Il primo: la presentazione di un emendamento – specifica – che avrebbe ripristinato l’articolo 18, bocciato dalla maggioranza giallo-verde. Il secondo: un emendamento che avrebbe introdotto il reddito di cittadinanza, bocciato senza indugi dalla maggioranza composta da Lega e MoVimento 5 Stelle”.

“Articolo 18 e reddito di cittadinanza erano due cavalli di battaglia della campagna elettorale del M5S: oggi (ieri, ndr), invece, da un lato si conferma il Jobs Act e dell’altro si dice che non ci sono i soldi per il reddito di cittadinanza”, osserva l’esponente del PD.

Lavoro nero

In Aula polemiche anche riguardo alcune norme del decreto Dignità che, a giudizion delle opposizioni, favorirebbero il lavoro nero. “L’allargamento dei contratti di prestazione occasionale fatto dalla maggioranza favorisce il lavoro nero in agricoltura” avverte infatti la deputata dem Chiara Gribaudo, responsabile lavoro della segreteria nazionale PD.

La parlamentare spiega che il Partito democrativo aveva “proposto una correzione che avrebbe impedito alle aziende di eludere i controlli, una correzione chiesta da tutti i sindacati dei lavoratori agricoli che da giorni manifestano sotto Montecitorio, ma il governo – denuncia – è sordo a ogni proposta che dia vera dignità a questo testo e continua a parlare di reintroduzione di voucher quando non fa che destrutturare la norma introdotta dal governo Gentiloni”.

“Tutte le responsabilità vengono scaricate sulle spalle del lavoratore che deve autocertificare di essere in regola, – puntualizza infatti – mentre le aziende potranno sempre superare indenni i controlli. Sarà impossibile dimostrare situazioni di illegalità“. “Temiamo che questo non sia che l’inizio della strada che porterà ad abolire la legge sul caporalato, come rilanciato da Matteo Salvini e dal ministro Centinaio” conclude.