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Disturbi alimentari in aumento in Italia: come prevenire e intervenire prima che sia troppo tardi

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Negli ultimi anni, i disturbi del comportamento alimentare (DCA) sono diventati una vera e propria emergenza sanitaria in Italia. Non si tratta più di patologie rare o circoscritte a casi isolati.

Oggi sono oltre tre milioni le persone che, nel nostro Paese, convivono con problematiche legate al rapporto con il cibo, come anoressia nervosa, bulimia, binge eating disorder e disturbi misti. Un dato preoccupante, che fotografa una realtà in continua espansione, spesso silenziosa, e che coinvolge soprattutto adolescenti e giovani adulti.

In questo scenario, la diagnosi precoce è essenziale. Ma accedere a un consulto nutrizionale o psicologico in tempi brevi può essere complicato. Ecco perché sempre più persone si rivolgono a servizi digitali come quelli offerti da Elty.it, dove è possibile prenotare online visite nella tua città in pochi click, riducendo le attese e abbattendo le barriere logistiche che spesso rallentano l’accesso alle cure.

Secondo il Ministero della Salute, i DCA rappresentano la prima causa di morte per malattia tra gli under 25 in Italia. L’anoressia, ad esempio, colpisce circa 540.000 persone — per il 90% donne — e può iniziare già in età preadolescenziale. Ma a preoccupare maggiormente è la tendenza: nel solo primo semestre del 2020, le nuove diagnosi sono aumentate del 40% rispetto all’anno precedente. E da allora, la curva non ha fatto che salire.

Un problema in crescita che parte dalla mente, ma passa dal corpo

I disturbi alimentari non sono semplicemente “problemi con il cibo”. Sono espressione di un disagio profondo, che trova nella relazione con l’alimentazione un terreno di controllo, sfogo o punizione. Anoressia, bulimia e binge eating sono solo le forme più conosciute, ma esiste un intero spettro di comportamenti alimentari disfunzionali che colpiscono persone di ogni età, genere e condizione sociale.

Tra le cause scatenanti si annoverano fattori psicologici, sociali e biologici. I modelli estetici irraggiungibili, la pressione sociale (soprattutto nei social media), l’isolamento, il perfezionismo, ma anche eventi traumatici e predisposizione genetica possono contribuire allo sviluppo della patologia. La pandemia ha agito come acceleratore: l’ansia, la perdita di controllo, il distanziamento fisico e le incertezze economiche hanno acuito le fragilità esistenti, facendo esplodere molti casi latenti.

Il ruolo chiave della diagnosi precoce e dell’intervento tempestivo

Come per molte patologie complesse, anche nei DCA il fattore tempo è fondamentale. Più si interviene precocemente, maggiori sono le probabilità di guarigione completa. Al contrario, ritardare il riconoscimento del problema — o peggio, ignorarlo — può portare a cronicizzazione, danni fisici permanenti e gravi conseguenze sul piano psicologico e relazionale.

Il primo passo, quindi, è riconoscere i segnali: perdita di peso repentina, ossessione per le calorie, isolamento, comportamenti compulsivi legati al cibo, ansia legata ai pasti, ma anche atteggiamenti controllanti verso sé stessi. Famiglie, insegnanti, amici e operatori sanitari devono essere formati per saperli cogliere e, soprattutto, per sapere come intervenire.

Prevenzione e supporto: il digitale può essere parte della risposta

Di fronte a un problema così diffuso, è fondamentale lavorare su due fronti: prevenzione e accesso facilitato alle cure. Se da un lato è necessario promuovere una cultura del corpo più inclusiva e realistica — partendo da scuola, media e social — dall’altro servono strumenti concreti per permettere alle persone di ricevere un supporto specialistico in tempi rapidi.

In questo senso, la tecnologia può giocare un ruolo fondamentale. Non si tratta solo di comfort digitale: è una questione di accessibilità, inclusione e tempestività. Le piattaforme online sono oggi in grado di offrire consulenze nutrizionali, psicologiche e mediche con pochi passaggi, e in tempi molto più brevi rispetto ai tradizionali canali di prenotazione.

I disturbi alimentari sono patologie complesse che meritano rispetto, comprensione e risposte efficaci. L’Italia, come molti altri Paesi, sta finalmente iniziando a trattare questi problemi con la serietà che meritano, ma il cammino è ancora lungo. Serve più cultura del corpo, più educazione alimentare, meno giudizio e più ascolto. Ma serve anche semplificare l’accesso alle cure.