Da un estremo all’altro. Se è vero che molte volte il rispetto delle regole viene elegantemente ignorato, talvolta capita di essere richiamati a un rigore senza fondamenta. È il caso di Tiffany Francis, la neomamma statunitense che ha denunciato su Facebook un episodio di discriminazione avvenuto al Rigby’s Water World, in Georgia.
Cos’è successo?
Tiffany era immersa in una delle piscine del parco acquatico insieme a suo figlio di undici mesi, quando ha deciso di attaccarlo al seno per la poppata. Notata dal bagnino in servizio, la donna è stata richiamata con la richiesta di uscire con immediatezza dall’acqua per evitare il rischio che il latte materno potesse cadere nella piscina: «Non è permesso allattare in acqua» ha ribadito un altro assistente bagnante dopo che la giovane mamma sembrava non aver preso sul serio la richiesta di lasciare la piscina. Irritata, Tiffany ha chiesto di vedere, tra le regole, quella sulle restrizioni riguardo l’allattamento al seno. Non c’era.
L’autogoal del direttore della struttura
In un colloquio col direttore dello stabile, Tiffany si è sentita rispondere: «Niente cibo o bevande in acqua». Per il manager l’allattamento al seno cibo equivale a mangiare un pacchetto di patatine o a bere una Coca Cola. Bene. Il post della neomamma sui social ha attirato l’attenzione di migliaia di utenti, che si sono schierati dalla sua parte mostrando solidarietà e suggerendo la lettura del codice 31-1-9 della Georgia, che afferma che «l’allattamento al seno di un bambino è un atto di cura importante e fondamentale, che dovrebbe essere incoraggiato nell’interesse della salute materna e infantile. Una madre può allattare il suo bambino in qualsiasi luogo». Dopo la bufera social, il proprietario della struttura, tale Steve Rigby, ha chiesto scusa alla donna. Che sia stato sincero? Tiffany dice di no, affatto.