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Salario minimo, il quadro europeo da 300 a 2mila euro al mese

Salario minimo in Europa

L'Istat ha diffuso i dati dell'Eurofund/Eurostat, che mostra un'Europa variegata, dal primato del Lussemburgo ai 300 euro mensili della Bulgaria.

È un’Europa estremamente variegata quella che emerge dai dati raccolti dall’Eurofund/Eurostat e citati dall’Istat nella sua ultima sua ultima audizione in Senato. Gli importi percepiti dai cittadini del Vecchio Continente spaziano da un minimo di 1,62 euro all’ora in Bulgaria (pari a 286 euro mensili lordi) agli 11,97 euro l’ora del Lussemburgo (corrispondenti a uno stipendio mensile medio di 2.071 euro). In questo quadro si inserisce il dibattito sul salario minimo in Italia, proposto dal Movimento Cinque Stelle.

Salario minimo in Europa

Il salario minimo è previsto dalla legge in 22 Stati europei su 28. I sei Paesi che, al momento, hanno rinunciato alla retribuzione minima sono, oltre all’Italia, Cipro, Austria, Danimarca, Svezia e Finlandia. Dopo il Lussemburgo, che si mantiene nettamente in testa alla classifica dei salari minimi, troviamo i Paesi Bassi, seguiti a poca distanza da Germania e Francia, i cui lavoratori percepiscono poco più di 1.500 euro al mese. Il presidente francese Emmanuel Macron ha proposto una regola comune che determini il salario minimo in tutta l’Unione, ma il suo disegno è stato bocciato proprio dal governo tedesco.

Per rendere più omogenei i dati raccolti in tutto il continente, l’Ocse tiene conto anche del concetto di “parità di potere d’acquisto“, derivante dalla variazione del costo della vita da Paese a Paese. Il valore dei salari minimi viene dunque espresso in “standard di potere d’acquisto”, o Spa. In questo modo, si riduce la distanza tra il primato del Lussemburgo e la Bulgaria, che passano rispettivamente a 1.597 e 546 euro al mese.

Diverse sono le modalità con cui il salario minimo è calcolato nei diversi Paesi. Il Lussemburgo, per esempio, segue un’indicizzazione all’inflazione, mentre la Francia tiene conto anche dei salari medi.

La proposta del M5S

Secondo i dati Istat citati da Repubblica, nel Bel Paese sono attualmente in vigore 53 tipologie di contratto. Questi riguardano 9,8 milioni di dipendenti, pari al 75,8% dei lavoratoti totali. “Quasi 900 accordi collettivi settoriali (2/3 scaduti), firmati a livello nazionale, coprono praticamente tutti i dipendenti del settore privato in Italia con minimi dettagli”, ha fatto sapere l’Ocse in Senato.

A questi dati ha fatto riferimento il vicepremier Luigi Di Maio, che ha parlato dei “giovani e meno giovani che vengono pagati due euro l’ora, senza alcuna tutela. Quelli non sono lavoratori, sono sfruttati. Tutti i comparti dove ci sono i contratti collettivi nazionali restano intatti, ci sono i loro minimi salariali. Tutti quei mondi, invece, in cui imprese fanno concorrenza sleale agli imprenditori onesti dovranno pagare di più“.